Non si parla solo di assistenza, ma soprattutto di un nuovo approccio al mondo degli anziani, che guardi alle cure sanitarie ma anche al contesto sociale in cui la persona si muove, cercando di rimuovere quelle condizioni di solitudine che oggi sempre più spesso gli anziani devono affrontare dal momento della pensione in poi. Un mondo fatto di assistenza integrata, come spiega Leonardo Palombi, segretario della Commissione per l’attuazione della riforma dell’assistenza sanitaria e sociosanitaria della popolazione anziana. La nuova legge sugli anziani rappresenta una rivoluzione nel modo di affrontare il problema che si muove anche nel solco di una direttiva europea che dal punto di vista sanitario raccomandava un sistema non più centrato sull’ospedale, dove spesso oggi le persone più in là con gli anni vengono ricoverate anche senza ragione reale, ma sulle comunità, sui territori capaci di creare un contesto più adeguato alle esigenze personali e di cura. Un cambiamento che investe anche le Rsa. Fino alla grande innovazione del virtual hospital. Un sistema che comporterà una riduzione dei costi, cercando di aiutare l’anziano a casa sua, ma che avrà bisogno di investimenti iniziali.
Professore la nuova legge sugli anziani sembra un intervento di largo respiro.
Sì, la legge intende dare una risposta ben al di là dell’assistenza sanitaria e sociale, cioè̀ una risposta di visione a quello che è il mondo degli anziani. La Carta dei Diritti degli anziani e dei doveri della comunità è stato il primo prodotto della Commissione “Paglia” e ispira davvero un modo nuovo di guardare alla vecchiaia. Ad esempio, sancisce anche per l’anziano il diritto allo studio, all’apprendistato, al lavoro, naturalmente protetto e misurato sulle sue potenzialità̀. Non possiamo credere che per 14 milioni di persone l’unica risposta oggi sia il pensionamento e il riposo forzato.
Si parla in questo senso di invecchiamento attivo, cosa vuol dire?
La prima forma di invecchiamento attivo secondo la legge è la lotta alla solitudine, oggi un problema ben identificato. In Gran Bretagna, ad esempio, è stato istituito un ministero per la lotta alla solitudine proprio perché́ rappresenta un fenomeno veramente devastante. Chi va in pensione spesso perde l’unico contesto sociale che ha. Ormai ben 7 milioni di famiglie in Italia sono monocomponente. Occorre ridare all’anziano un contesto affettivo, familiare e sociale, essere distaccati dalla comunità̀ rappresenta un potentissimo fattore di rischio per la salute, come è noto, dalla letteratura scientifica. Ma per gli over 65 occorre fare attenzione non solo alle patologie ma a quella condizione che chiamiamo di fragilità.
Cioè?
Milioni di anziani sono fragili, cioè̀ a rischio di rompersi (dal latino frangere), di cadere, di perdere improvvisamente quella ristretta autonomia che permette loro di continuare a vivere a casa. Dobbiamo lavorare innanzitutto per loro, perché́ la fragilità̀ venga monitorata, studiata, prevenuta, custodita.
Quale è il contenuto della legge, rispetto alle direttive all’interno degli scopi dell’Unione Europea, sul tema degli anziani?
La legge riprende in pieno lo spirito di una direttiva della Commissione Europea fatta durante il piano 2014-2021 che raccomanda uno sviluppo di trasformazione di un modello sanitario centrato sull’ospedale verso una transizione ad un modello di comunità̀, diffuso nei territori e orientato all’assistenza domiciliare. Questa trasformazione implica anche la necessità di una vera integrazione tra sociale e sanitario che è uno dei grandi problemi irrisolti non solo in Italia ma in tutti i paesi occidentali.
Si nota spesso infatti una inappropriatezza dei ricoveri: molte persone con malattie croniche finiscono in ospedali per acuti.
Questo problema è oggi quantificabile: 1,3 milioni di ricoveri sono giudicati inappropriati dal Ministero della Salute e quindi sostanzialmente inutili. Per gli anziani, in questo senso, si vuole provare a dare una risposta meno concentrata sull’ospedale, più̀ distribuita in un continuum di servizi, fatto di assistenza domiciliare integrata, di servizi di rete di inclusione sociale e digitale, di monitoraggio della popolazione molto anziana, di centri diurni, e anche di una assistenza residenziale ma profondamente ripensata.
Cosa significa assistenza domiciliare integrata?
La legge vuole riformare l’assistenza domiciliare in primis integrando gli attori della componente sanitaria, sociale e anche di quella assistenziale. che oggi sul campo agiscono ognuno per contro loro. Oggi l’assistenza domiciliare è un servizio puramente prestazionale, consiste cioè nella erogazione di qualche ora all’anno di assistenza infermieristica. C’è poi un duplicato di questa assistenza che invece è esclusivamente sociale, ancor meno diffuso. Noi proponiamo un’assistenza integrata sociale e sanitaria (ADISS) di tipo continuativo, che cioè̀ prenda in carico gli anziani come si fa in una struttura semi-residenziale o residenziale. Si dovrebbe arrivare ad una valutazione multidimensionale effettuata nei cosiddetti punti unici di accesso, o negli ospedali, o nell’unità di valutazione geriatrica, al fine di creare insieme una risposta alla domanda complessa degli anziani, senza sovrapposizioni e soprattutto senza le dispersioni che purtroppo oggi caratterizzano i nostri interventi.
E invece per quanto riguarda le Rsa, che cambiamento suggerisce la legge?
Che siano strutture aperte, centri multiservizi, capaci di mantenere gli anziani a casa, erogando i loro servizi presso la loro abitazione soprattutto nei piccoli comuni. Ben 2,5 milioni di over 65 vivono in paesi con meno di 5.000 abitanti, quasi sempre senza servizi. Questo cambiamento comporterà benefici economici molto forti, sia per gli anziani che, come è noto oggi pagano, la quota alberghiera, sia per gli stessi gestori, i quali vengono liberati dai problemi legati al vitto e all’alloggio e sono messi in grado di assistere molte più persone presso la loro abitazione. Per l’Italia portare servizi in questi contesti sarà cruciale anche per la sopravvivenza di borghi e paesi che hanno fatto la storia e l’identità̀ dell’Italia.
In questo senso si parla anche di virtual hospital?
Sì, questa è anche un’altra grande innovazione. Oggi purtroppo la carenza di comunicazione tra territorio e ospedale fa sì, ad esempio, che si possano dimettere pazienti non ancora stabilizzati, o comunque portatori di condizioni che restano ignote agli operatori sul territorio. C’è quindi la necessità che un ospedale possa agire al di fuori dei propri confini fisici attraverso la tecnoassistenza e la telemedicina ma anche grazie ad uno staff ospedaliero mobile, capace di continuare a seguire, almeno per i primi tempi, i pazienti dimessi, nella loro abitazione.
Una questione cruciale per ogni legge e anche per questa sono i costi.
Noi oggi spendiamo 12 miliardi per mantenere 290 mila anziani in RSA e meno di 2 miliardi per assisterne 2,8 milioni di over 65 bisognosi di servizi che vivono a casa. Si impone un riequilibrio di questa spesa anche per dare la possibilità̀ a milioni di anziani fragili di poter rimanere presso la loro abitazione. Per riequilibrare la situazione, tuttavia, sono necessari investimenti senza i quali è impossibile realizzare il ciclo di cambiamenti proposti. L’ intendimento è di cominciare con sperimentazioni locali e territoriali, rigorose e scientificamente monitorate che coinvolgano regioni, ASL, ospedali, comuni, terzo settore, volontariato e università̀. Si deve innanzitutto fornire una cornice a livello nazionale che omogenizzi i sistemi di accreditamento, le prestazioni, la qualità del personale; ma poi ci vuole tanta fantasia a livello locale per preservare o generare buone pratiche che facciano da esempio metodologico e siano apripista per l’intero sistema.
Ultima questione: cosa è necessario ancora sul piano normativo per rendere operativa la legge?
Il Governo deve emanare, entro il 31 gennaio 2024, i decreti legislativi che attuino i contenuti ideali proposti nella legge che il Parlamento ha votato.
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