I giovani hanno un solo grande problema: gli adulti. Così con sintesi efficace, un grande educatore e santo, don Giussani, indicava la questione delle questioni.  E oggi abbiamo fatto una società dove gli adulti se ne fottono dei giovani. Non stanno con loro, intendo con loro gratis, per passione, autorevolezza, trasmissione. E una società dove gli adulti non stanno più coi ragazzi è morta.



Sì, li incontrano a scuola, ma con il registro in mano, a volte nelle polisportive, ma i mister sono spesso educatori involontari, a volte – sempre più raramente – in esperienze di comunità religiose o di volontariato, messe in difficoltà da lacci e laccioli legislativi e da gestioni scolastiche e universitarie totalizzanti del tempo. A volte in atelier artistici come quelli che faccio con amici in giro per l’Italia.



Ai giovani, categoria balzata agli onori della cronaca e della storia politica nel ’68, per via di riprese di linfe utopiste ottocentesche, e che in realtà non esiste come categoria ma come insieme di diversissime persone, offriamo poco: poco tempo, tirocini di lavoro gratis, ideologie banali – dalla legalità al green – e soprattutto poca speranza e poca energia. Poco rischio di compromissione con il loro desiderio bruciante e con la loro libertà. Del resto i giovani, come si sa, sono una razza in via d’estinzione nel nostro invecchiante paese. Colpa di tre fattori incrociati, a mio avviso: la paura di vivere e di generare vita è dovuta a individualismo, a fatalismo, a solitudine. Il banale libertarismo sessantottino, il benessere liberista omologante e un cattolicesimo imborghesito hanno invecchiato l’Italia. E i giovani non interessano più a nessuno, se non per accusarli d’esser molesti, cosa che ovviamente sono e siamo stati tutti, almeno noi, i vivaci.



Ma il punto è che i giovani sono spariti dall’attenzione politica. Che scuola stiamo immaginando per loro? Ancora quella voluta dallo statalista Gentile? Inutilmente enciclopedica e mortificante ogni talento? E dove sono, ripeto, gli adulti che passano del tempo con i ragazzi gratis, con il gusto e la responsabilità di trasmettere quella speranza che solo si trasmette se l’esperienza (di un adulto) è votata a generare vita con la stessa fame con cui un ragazzo cerca la vita?

Ben vengano, dunque, iniziative anche istituzionali, come la legge di Regione Lombardia, e speriamo che il famigerato Pnrr si accorga dei giovani. Le leggi non bastano, ma se a volte ostacolano, a volte invece possono favorire. Occorre sommuovere questa società ingessata, invecchiata e impaurita. Dalla Lombardia, terra più giovane d’Italia, viene un segnale importante. Che deve trovare adulti accesi e generosi, capaci di speranza.

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