La legalizzazione dell’eutanasia rientra tra i paradossi tipicamente italiani. Sembrava che dopo l’approvazione della legge 219/2017 nella scorsa legislatura ci si sarebbe fermati escludendo un esplicito ricorso all’eutanasia. Ma si trattava, nonostante i più lo negassero, di una legge ambigua e di fatto aperta alla prospettiva eutanasica, come fu poi confermato dalla sentenza della Corte Costituzionale. E quindi la rincorsa all’eutanasia è ricominciata perseguendo contemporaneamente due canali: da un lato una legge, attualmente ferma alla Camera dei deputati e modellata sulla falsariga della sentenza 242/2019 della Corte Costituzionale, e dall’altro il Referendum radicale che si spinge oltre il suicidio assistito e chiede di legalizzare l’omicidio del consenziente. In risposta a questo Referendum si è costituito un Comitato per il No, fatto da persone che all’eutanasia, al suicidio assistito e all’omicidio del consenziente si ostinano a dire di no nella piena consapevolezza che ciò che realmente chiedono i malati, da quelli terminali a quelli gravissimi e incurabili, è un miglior livello di cura e di assistenza.



Per esempio una rete di cure palliative, come previsto dalla legge 38/2010 che si faccia carico a 360 gradi di tutte le loro esigenze: a casa, in ospedale o in un hospice. Ma quella legge, considerata a livello europeo come un’ottima legge, vera linea guida per tante altre leggi approvate successivamente, in Italia non è mai stata applicata nella sua completezza. Viceversa esiste una vera e propria rincorsa a trasformare la legge 217/del 2018 in una legge sempre più aggressivamente eutanasica. È questo uno dei tanti paradossi tutti italiani: per alcuni sembra più facile e più “giusto” dire di sì alla morte che non alla vita.



La nuova legge in Austria

Non stupisce quindi che abbia suscitato immediato interesse da parte della stampa, soprattutto quella da sempre schierata pro-eutanasia, la notizia che dal 1 gennaio 2022 in Austria il suicidio assistito è diventato legale. La nuova legge garantisce penale “le persone gravemente malate a decidere con dignità” e riconosce, ai malati, il diritto di porre fine volontariamente alle loro sofferenze. Si tratta di una possibilità solo per i pazienti terminali e per coloro che sono affetti da gravissime patologie senza possibilità di guarigione, con esclusione dei minorenni.



Almeno per ora, va documentata la capacità di intendere e volere del paziente e in caso di dubbio va coinvolto uno psichiatra o uno psicologo. Costoro possono ricevere il farmaco letale attraverso una qualsiasi farmacia. La legge contemporaneamente prevede l’ampliamento della rete di centri palliativi, per garantire che nessuno scelga di morire se e quando siano disponibili altre opzioni. Prima dell’approvazione di questa legge, chiunque aiutasse qualcuno a mettere fine alla propria vita rischiava fino a 5 anni di carcere.

Due spunti di riflessione conclusivi

La richiesta di eutanasia si va diffondendo nel mondo occidentale a macchia d’olio, come una inarrestabile incapacità di far fronte al dolore e alla sofferenza, soprattutto se prolungati o, almeno apparentemente senza speranza di guarigione. Chi nei fatti cerca di facilitare la morte di queste persone assume facilmente il ruolo del “buon samaritano”, con una vistosa inversione di ruoli, rispetto a chi si prodiga per assisterli e farsene carico.

Contestualmente il governo sembra avere una crescente consapevolezza di non aver fatto tutto il possibile per venire incontro alle esigenze di questi malati. In realtà il ministero della salute sa di averli spesso abbandonati, giustificandosi perché non c’era nulla da fare, e preferendo investire risorse umane ed economiche più nel campo tecnico-sanitario che non socio-sanitario. Per questo il governo in Austria, così come aveva fatto la Corte costituzionale in Italia, ipotizza un ampliamento della rete delle cure palliative, finora gravemente carenti lì come in Italia, dove sono spesso ridotte a livelli puramente essenziali o addirittura sono assenti in molte aree del territorio nazionale.

Con tutto ciò in Europa il suicidio assistito è legale in Svizzera, nei Paesi Bassi e in Spagna. L’Italia non è il fanalino di coda, né tanto meno l’ultima della serie!

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