Le incursioni nel mondo della poesia da parte di cultori di altre discipline sono frequenti ma spesso suscitano perplessità, quando non addirittura sarcasmo: è facile l’accusa di dilettantismo e di cedimento a impulsi sentimentali e superficiali. Se però l’autore è uno scienziato del calibro di James Clerk Maxwell, è più naturale accostare l’opera poetica con l’aspettativa di qualcosa di significativo.

L’aspettativa non è andata delusa per quanti hanno partecipato, nell’ambito di Bookcity a Milano, alla presentazione del volume “Poesie” che raccoglie la prima traduzione italiana delle liriche del grande fisico scozzese: sono 40 componimenti, l’intero corpus poetico di Maxwell, scritti tra il 1844 e il 1878, cioè da quando il padre dell’elettromagnetismo aveva 13 anni a un anno prima della prematura morte. Nella traduzione di Greta Fogliani ed Erika Serra, curate con un puntuale apparato di note da Teresa Prudente, sono pubblicate da Edizioni Archivio Dedalus con testo originale a fronte, per consentire di apprezzare direttamente l’abilità e la maestria poetica dello scienziato.

Il quale, coerentemente col suo stile, ha affrontato anche questa fatica letteraria con rigore e precisione; riversando in queste pagine anche un chiaro riflesso della vasta e approfondita cultura classica nella quale era stato formato; a riprova che la conoscenza di Platone, dell’Eneide e di John Milton (per citare solo alcuni dei riferimenti presenti nella raccolta) non solo non ostacolano ma possono contribuire positivamente alla formazione di un genio scientifico.

C’è di tutto in queste poesie: dalle opere giovanili che esprimono la meraviglia per la scoperta della natura in tutte le sue sfaccettature; alle rime d’amore dedicate alla futura moglie; alle meditazioni su varie vicende storiche e contemporanee. Ma ci sono anche, messi in versi, i suoi incontri e scontri col mondo accademico dell’epoca e col pensiero scientista e materialista dominante, dal quale aveva sempre preso decisamente le distanze. Lo strumento della poesia gli permette di esprimere le sue posizioni critiche con la forma leggera, ma forse ancor più penetrante, dell’ironia e della satira.

Così i membri della British Association, sostenitori di quella visione, si trovano citati come “asini”: «Come disperde liberamente i propri atomi prima dell’inizio del tempo; /Come di forza riveste, quasi di un indumento, quelle piccole incomprimibili sfere! /Ma nemmeno lascia che siano dure di cuore – ma conferisce loro odio e amore, /Come a piccoli e sferici Asini britannici allo stato infinitesimale». Perché se «Non c’è altro che atomi e vuoto, tutto il resto è capriccio obsoleto! /Perché un uomo dovrebbe allora cercare di ingraziarsi esseri che non esistono, /Per riuscire a ottenere una squallida promozione nei nebulosi regni della nebbia?».

Ci sono anche componimenti di esplicito contenuto scientifico. Come quello in cui il fisico-poeta risolve passo passo un problema di dinamica, senza timore di inserire nelle strofe la simbologia scientifica con tanto di pedici, frazioni e differenziali. Oppure in quelli in cui tiene “Lezioni di fisica alle donne”, spiegando con toni appassionati il funzionamento del galvanometro a specchio di Lord Kelvin.

Temi diversi quindi ma non un panorama frammentato. A sostenere il tutto c’è una grandiosa concezione unitaria e una consapevolezza – notevole per quel periodo immerso in un acuto positivismo – dei limiti del pensiero scientifico. Traspare ovunque una grande “apertura mentale”, come osserva la curatrice del volume; e insieme la potente, e oggi attualissima, idea che la “connessione” è l’essenza del metodo scientifico e che «la relazione è la cosa più importante da conoscere; la conoscenza di una cosa ci condurrà, alla lunga, verso la conoscenza di un’altra cosa».

Questa trama di conoscenze riposa sulla solidità di un disegno misterioso che la robusta fede cristiana di Maxwell vede affiorare ovunque e che può essere avvicinato e tentativamente raccontato anche nelle forme della conoscenza scientifica della natura: «la solida roccia e il filo d’erba /Racconteranno la stessa infinita storia /”Siamo la Verità ordinata nella Forma”».