Si svolgerà domani a Verona, presso l’Istituto alle Stimate, il “1° Mendel day”, per ricordare la figura del padre della genetica, uomo di scienza, di fede, di carità. Durante l’incontro verranno anche ricordati Lazzaro Spallanzani e Jérôme Lejeune. Anticipiamo i principali contenuti dell’intervento di Francesco Agnoli, uno dei promotori dell’iniziativa, dal saggio scritto con Enzo Pennetta, “Lazzaro Spallanzani e Gregor Mendel. Alle origini della biologia e della genetica” (Cantagalli).

Benché sulla vita privata di Mendel si conosca poco, sappiamo che egli fu uomo semplice, amabile con i suoi studenti, riservato, talvolta estremamente timido. Riguardo ai suoi interessi naturalistici riteneva che “le forze della natura agiscono secondo una segreta armonia che è compito dell’uomo scoprire per il bene dell’uomo stesso e la gloria del Creatore”. Sulla stessa linea, proprio il suo maestro, sant’Agostino, in un passo che forse Mendel conosceva, aveva scritto:”La bellezza della terra è come una voce muta che si leva dalla terra. Tu l’osservi, vedi la sua bellezza, la sua fecondità, le sue risorse; vedi come si riproduca un seme facendo germogliare il più delle volte una cosa diversa da quella che era stata seminata. Osservi tutto questo e con la tua riflessione quasi ti metti ad interrogarla… Pieno di stupore continui la ricerca e scrutando a fondo scopri una grande potenza, una grande bellezza e uno stupefacente vigore. Non potendo avere in sé né da sé questo vigore, subito ti vien da pensare che, se non se l’è potuto dare da sé, gliel’ha dato lui, il Creatore. In tal modo ciò che hai scoperto nella creatura è la voce della sua confessione che ti porta a lodare Dio” (S. Augustini, Enarr. in Ps 144, 13). Del resto la scoperta delle leggi della genetica, nota il biografo Alain Corcos, derivava a Mendel, “monaco Agostianiano e prete”, anche dalla sua stessa fede religiosa, per la quale in un mondo creato da un Dio Ragione, Legislatore universale, deve esistere una regolarità nella natura:”Dal momento che Dio ha creato l’intero universo, perché le leggi naturali dovrebbero esistere solamente nella fisica e nella chimica? Forse esse esistono anche in biologia, ma nessuno le ha cercate nel modo giusto”. Inoltre Mendel era perfettamente integrato nella vita religiosa del suo monastero, che prevedeva tanta preghiera (attraverso cui l’uomo attinge da Dio la forza di amare ogni giorno la quotidianità ed il creato, e l’umano, incontrando il divino, si fa fecondare e diviene collaboratore dell’ opera creatrice), una assidua vita liturgica (secondo l’antico rito latino, che allora unificava l’orbe cattolico) e l’importanza delle opere di carità.

All’inizio del suo servizio in monastero Mendel infatti fu mandato a fare l’assistente spirituale in un ospedale vicino al monastero. Ma ben presto sembrò, sia lui che al suo abate, che non fosse quella la sua missione, per la sua “invincibile timidezza nei confronti dei malati e dei sofferenti”. Ciononostante, alla sua morte il giornale locale Tagesbote scrisse che era morto un “prete esemplare” e un “benefattore dei poveri”. Non sappiamo bene cosa si nasconda dietro questa definizione, però è certo che l’attenzione ai poveri, come all’assistenza ai malati, era sempre stata, con le inevitabili e deplorevoli eccezioni, un dovere monastico cui Mendel non si sottrasse (per esempio pagando gli studi a dei ragazzi poveri, quando era abate; dando lezioni private gratuite; aiutando a studiare i figli della sorella più giovane, Teresa- due dei quali diverranno medici e uno astronomo). Inoltre Mendel, come abate, svolse il ruolo di curatore dell’Istituto moravo per i sordomuti. Questo fatto può apparire strano, oggi, ma è opportuno ricordare che proprio sant’Agostino, cui l’ordine monastico di Mendel si rifaceva, è ricordato come uno dei primi santi ad occuparsi dei sordomuti, che nell’antichità pagana, prima dell’avvento del cristianesimo, erano invece sovente uccisi sin da piccoli o profondamente misconosciuti nella loro dignità umana. …