“Opinione è il dolce, opinione l’amaro, opinione il freddo, opinione il colore:in realtà soltanto gli atomi e il vuoto”. L’affascinante storia che Carlo Rovelli ci racconta in “La realtà non è come ci appare” (Raffaello Cortina Editore) prende inizio dall’antica Grecia e in particolare dalla visione del mondo dei primi atomisti, da Leucippo e dal suo grande allievo, Democrito di Abdera. Democrito , che secondo Seneca è stato “Il più sottile di tutti gli antichi” , come pure i pensatori della scuola di Mileto, aveva capito che il mondo poteva essere compreso con la ragione e che la varietà dei fenomeni naturali poteva essere riconducibile a qualcosa di semplice.
L’idea di Democrito è molto semplice: l’Universo è uno sterminato spazio vuoto, non ha centro né confine, e in esso si muove una moltitudine di atomi, i “grani della realtà”, indivisibili, che combinandosi originano tutte le sostanze di cui il mondo è fatto.
La prima parte del libro di Rovelli è una storia dello sviluppo del pensiero scientifico, cioè dei tentativi di far luce sulla realtà che ci circonda. Platone, come ricorda l’autore, immagina gli uomini incatenati nel fondo di una caverna buia, che vedono solo ombre, proiettate alle loro spalle sulla parete davanti a loro. Pensano che quella sia la realtà, ma uno di loro si libera, esce dalla caverna e scopre la luce del Sole e la vastità del mondo.
Ecco, la storia che Rovelli ci racconta è la storia degli scienziati, dei grandi pensatori che, partendo appunto da Democrito, hanno cercato di capire come è fatta la realtà, come funziona il mondo: è questo l’obiettivo della ricerca scientifica. Gli antichi greci non avevano a disposizione i nostri potenti telescopi, l’unico strumento per studiare il cielo erano i loro occhi; non avevano i grandi acceleratori di particelle, ma con la loro intuizione e con la ragione avevano compreso le basi della struttura della materia. Democrito era arrivato all’idea che tutto sia fatto di atomi con semplici argomenti basati sull’osservazione e altri di carattere filosofico. L’autore, verso il termine del libro, riprenderà le idee del filosofo di Abdera, collegandole in un certo senso al concetto di ‘gravità quantizzata’.
La prima parte si snoda veramente come un racconto molto vivo, ricco anche di aneddoti, riguardanti specialmente i rapporti, a volte molto problematici, tra i più grandi scienziati.
Il grande salto della conoscenza scientifica si ebbe quasi duemila anni dopo le geniali intuizioni dei pensatori greci: con Copernico, Galileo, Keplero, Newton. Non bastano le intuizioni, anche se senza di esse la scienza non può procedere: servono le prove sperimentali, serve ‘provare e riprovare’. Solo allora la teoria trova le sue basi più solide. Due capitoli veramente vivi e interessanti sono dedicati da Rovelli alle due grandi teorie che hanno rivoluzionato la visione del mondo quale era stata formulata da Newton, una visione centrata sulle forze di gravità: la relatività di Einstein e la meccanica quantistica. Entrambe le teorie hanno avuto eccezionali conferme sperimentali, come Rovelli giustamente sottolinea.
Il problema è quello di riuscire a comprenderle, o cercare di costruirci un modello che ci faccia almeno intuire cosa vogliano veramente dire. Che sia arduo è dimostrato dal fatto che lo stesso Einstein digerì a fatica la meccanica quantistica. Mentre la prima parte del libro è di abbastanza facile lettura, grazie ai lodevoli sforzi dell’autore per presentare con semplicità concetti difficilissimi, la seconda invece richiede al lettore il possesso di un notevole bagaglio di conoscenze della fisica più avanzata (e della matematica). Il grande problema lasciato aperto dagli scienziati dei primi decenni del secolo scorso è stato la ‘convivenza’ della relatività di Einstein , in particolare la relatività generale, con la meccanica quantistica; un grande mistero, ma il punto da cui partire resta la forza di gravità, la forza fondamentale che agisce tra i corpi e quindi la struttura dell’universo.
La teoria attualmente più avanzata, che potrebbe giustificare sia la relatività sia la meccanica quantistica, rendendole anche necessarie l’una all’altra, porta a definire una ‘quantizzazione’ della gravità. Ormai risulta impossibile figurarsi le conseguenze di questa teoria: un mondo senza spazio e senza tempo, un mondo dominato e costituito da interazioni. Rovelli, nel capitolo finale conclude, molto onestamente:‘siamo sicuri di tutto questo? No’. Anzi, afferma che la consapevolezza della nostra ignoranza è il cuore del pensiero scientifico, è proprio quello che ha permesso alla scienza di progredire. ‘Per imparare qualcosa di più bisogna avere il coraggio di accettare che quello che pensiamo di sapere, comprese le nostre convinzioni più radicate, possa essere sbagliato[…] Ombre proiettate sulla parete della caverna di Platone’. Ma allora, come possiamo fidarci di quello che la scienza ci racconta?
La risposta dell’autore è semplice: la scienza è affidabile perché rispecchia il meglio che possiamo sapere, le risposte migliori che abbiamo al momento presente. Infine, mi si consenta un’osservazione personale. L’autore non prende in considerazione – anzi a volte tra le righe si percepisce una specie di avversione – la possibilità di una risposta ‘metafisica’ al di là dell’universo attorno a noi.
Ma forse la teoria, o meglio l’intuizione della ‘gravità quantizzata’ che egli presenta è pure lei una sorta di ‘metafisica’, una metafisica corredata da un’elegante matematica ma che non è attualmente sorretta da alcuna evidenza sperimentale. Comunque questo libro, specialmente nella sua parte iniziale, è di grande interesse e non posso che consigliarne caldamente la lettura.