Nel dibattito contemporaneo sui rapporti tra fede e scienza, Stanley Jaki (lo studioso benedettino scomparso nel 2009) ha avuto il merito di difendere una posizione innovativa. Le origini cristiane del pensiero scientifico, l’impossibilità di concepire un reale conflitto tra queste discipline, e una visione del tutto realista della conoscenza sono le tematiche più note che questo autore ha illustrato nelle sue pubblicazioni. Da storico della scienza Jaki si è cimentato anche con il personaggio di Galileo Galilei, al quale ha dedicato un libro, uscito in versione originale inglese nel 2001 (Galileo Lessons, Real View Books) e recentemente pubblicato da APRA (collana Scienza e Fede – Quaderni, 11) nella traduzione italiana di Antonio Colombo col titolo Lezioni da Galileo

La vicenda galileiana ha rappresentato per Jaki una buona occasione per ribadire le sue convinzioni in merito alla vera natura della scienza e alla delicata relazione di quest’ultima con la religione, in un’epoca nella quale ancora imperano una grande confusione su questi argomenti e una loro superficiale trattazione da parte dei mass media.

“Le leggende sono dure a morire” e il caso Galilei è pieno di leggende. L’autore inizia il lavoro, infatti, sfatando un mito: per arrivare alla legge sulla caduta dei gravi, Galilei non ha mai lanciato sfere di diverso peso dalla sommità della Torre di Pisa. Le altre leggende sono incentrate sugli eventi della sua condanna da parte della Chiesa Cattolica e su alcuni aspetti del suo pensiero scientifico. 

Lo scienziato di Pisa, nonostante le sue notevoli scoperte ottenute con il telescopio, non è riuscito a dimostrare il movimento della Terra. In tal senso occorre ricordare che l’argomento delle maree, esposto nella quarta giornata del Dialogo sopra i Massimi Sistemi, è stato, insieme alla teoria sulle comete illustrata nel Saggiatore, il più grande errore in una carriera scientifica coronata da incredibili successi. Per quanto concerne la condanna, in gran parte essa è stata dovuta all’ostinazione dello stesso Galilei che, oltre a sostenere argomentazioni rivelatesi errate, ha violato l’ingiunzione, che gli era stata fatta diversi anni prima, di non insegnare pubblicamente la teoria copernicana. 

La corretta definizione degli ambiti specifici di scienza e fede è stata sempre un pilastro del pensiero di Jaki. La disciplina scientifica verte intorno alla quantificazione della realtà e, di conseguenza, si fonda in maniera essenziale sulle misurazioni. La fede, in particolare quella cristiana, riguarda la dimensione escatologica dell’uomo e in ciò le quantità non svolgono alcun ruolo, anche se l’esatta conoscenza quantitativa della natura è sicuramente un aiuto per scorgere in essa la mano di Dio. 

Se Galilei e i rappresentanti della Chiesa avessero capito questa distinzione fondamentale, nessun caso sarebbe seguito. Galilei non avrebbe continuato a definire come certa una teoria che era ben distante dall’essere dimostrata; la Chiesa si sarebbe convinta che in nessun caso le affermazioni in senso geocentrico della Bibbia potevano essere prese come verità scientifiche. Questo fraintendimento ha provocato una situazione paradossale: Galilei è stato un teologo migliore del Cardinal Bellarmino per aver sostenuto la neutralità della Bibbia su questioni astronomiche. Bellarmino, a sua volta, si è dimostrato migliore di Galilei dal punto di vista scientifico, essendosi reso conto che le prove della teoria di Copernico erano insufficienti.

L’approfondimento delle questioni relative a Galilei, inoltre, ha offerto all’autore la possibilità di avanzare una serie di critiche. Il suo obiettivo sono alcuni teologi, le cui idee stanno nuocendo a una corretta interpretazione della rivelazione cristiana, e tutti quegli scienziati che vanno ben al di là di un uso appropriato della scienza, compiendo errori nel metodo e nei contenuti della loro disciplina. Confondere i contenuti della ricerca scientifica con la dimensione etica riguardante le sue applicazioni, per esempio, è uno di quegli errori che possono sfociare in conseguenze negative per l’umanità.