Il bollettino Covid di ieri della Protezione civile dà i seguenti numeri: attuali positivi +134, guariti +182, morti +4. I ricoverati in ospedale sono 810 (+23) di cui 58 pazienti in terapia intensiva. Il coronavirus è sempre tra noi, non bisogna cantare vittoria, ma c’è un dato di fatto: la sanità pubblica sta affrontando la situazione, si fanno molti più tamponi, si gestiscono i focolai, si controllano le persone che arrivano dall’estero. Il dato più importante cui guardare non è tanto quello dei positivi, quanto quello degli ospedalizzati. Rispetto alla situazione nei Paesi al di là delle Alpi, non c’è da abbassare la guardia ma per una volta l’Italia si trova in una condizione migliore di tutti i confinanti.



Eppure la percezione che si ha è quella di un prepotente ritorno della pandemia. I giornali titolano solo sul crescente numero di positivi, che naturalmente aumentano parallelamente al numero di tamponi effettuati. E il governo alimenta le incertezze con una serie di provvedimenti contraddittori, che indicano una mancanza di strategia. Discoteche prima aperte e poi richiuse, mascherine obbligatorie di sera e di notte (“è il virus del fornaio?”, ha ironizzato l’infettivologo genovese Matteo Bassetti), indice accusatore puntato sulle discoteche e sui raduni giovanili. La Società italiana del 118, quella dei servizi di emergenza, propone addirittura di sostituire le mascherine con la visiera di plastica, quella che si indossa negli ospedali e in qualche ristorante: costa poco, non soffoca, copre anche gli occhi e non deve essere continuamente sostituita perché basta una pulitina ogni tanto.



Il clima di allarme generale è rafforzato dalla circolare spedita ieri ai prefetti dal Viminale in cui si invita a usare la mano pesante contro i trasgressori dell’ultima ordinanza sanitaria (quella delle discoteche e della mascherina serale e notturna), con servizi di vigilanza intensificati sul territorio. Insomma, si va di nuovo verso un clima di paura. Non è più un invito alla prudenza, all’igiene e all’opportuno distanziamento sociale, ma un giro di vite repressivo.

A maggio, quando il lockdown venne progressivamente allentato, il governo disse agli italiani che si andava verso una situazione in cui il virus sarebbe rimasto presente probabilmente ancora a lungo, ma che con le opportune precauzioni (mani lavate, mascherine, distanze) unite all’abbassamento della carica virale e alla riorganizzazione del sistema sanitario (con individuazione tempestiva dei positivi e isolamento delle persone venute a contatto) sarebbe stato possibile convivere con il Covid. Oggi i dati ci dicono che siamo esattamente in questa condizione, eppure il terrorismo psicologico cresce.



Il governo non è estraneo al caos che si sta generando. Vi partecipa con i suoi provvedimenti ambigui in campo sanitario ed economico, ma anche con l’assenza di scelte: per esempio, a meno di un mese dall’asserita riapertura delle scuole ancora non si sa se le aule basteranno, se ci saranno i banchi, dove si farà lezione, in quali orari, se ci sarà ancora la didattica a distanza, e come faranno le famiglie a organizzarsi con tutti questi dubbi.

C’è qualcuno a cui giova questo caos? Forse ci si prepara a rinviare di nuovo le elezioni locali di settembre (che tutti prevedono negative per i partiti di governo)? Si prospetta un inizio di anno scolastico ancora a distanza (per coprire le mancanze di un ministro incompetente)? Si intende alimentare un clima di emergenza perenne per consentire al governo di mantenere i pieni poteri anche oltre il 15 ottobre? Sono domande che con il passare dei giorni si fanno sempre più pressanti ma anche sempre più retoriche. Perché a pensar male si fa peccato ma spesso ci s’indovina.