La situazione umanitaria a Gaza è “orribile” e il rischio di violare il diritto internazionale umanitario è “elevato” visto che si tratta di un territorio di 350 chilometri in cui vivono oltre 2 milioni di persone. La fotografia drammatica è scattata da Janez Lenarcic, commissario Ue per la gestione delle crisi, con delega alla protezione civile e agli aiuti umanitari. “La protezione dei civili non c’è. E dunque siamo di fronte a palesi violazioni“, spiega a La Stampa, aggiungendo che ci sono problemi anche per la mancata fornitura di assistenza umanitaria. “Se imponi un assedio totale e privi i civili dei beni fondamentali, bloccando l’elettricità, il cibo e l’acqua – anche se ultimamente Israele ha ripreso parzialmente la fornitura di acqua – questo non è in linea col diritto internazionale umanitario“.



Lenarcic evidenzia che anche l’uso di strutture civili, come gli ospedali, per scopi militari da parte di Hamas è una violazione del diritto internazionale umanitario. “Sono per questo d’accordo con la valutazione dell’Onu: le violazioni sono state commesse da entrambe le parti“. Peraltro, il diritto umanitario prevede la disponibilità di un accesso sicuro e illimitato agli aiuti, eppure nelle prime due settimane della guerra tra Israele e Hamas non è stato fatto passare neppure un camion. Poi la situazione è stata sbloccata. “Giovedì sono entrati 100 camion in un giorno: si tratta di segnali positivi, ma non ancora sufficienti. Il volume totale degli aiuti fatti entrare a Gaza dall’inizio delle ostilità è decisamente inadeguato“.



LENARCIC E IL “COLLO DI BOTTIGLIA” VERSO GAZA

Janez Lenarcic a La Stampa afferma che l’Unione europea è il primo donatore al mondo per la Palestina per quanto riguarda sostegno economico e umanitario, perché l’assistenza umanitaria viene fornita dal 2000. “Stiamo cercando di fare del nostro meglio, abbiamo attivato un ponte aereo. Ma c’è un grande collo di bottiglia rappresentato dalle difficoltà di far entrare il materiale a Gaza“. Infatti, finora sono decollati nove voli dal ponte aereo umanitario istituito dall’Ue, mentre nei prossimi giorni ne partiranno altri 5 per un totale di 550 tonnellate di aiuti destinati a Gaza. Ma è alla frontiera con la Striscia che si crea questo “collo di bottiglia“, infatti Lenarcic auspica l’apertura di un secondo punto d’accesso.



In base a quanto evidenziato a La Stampa, il commissario europeo ritiene che sia necessario “consentire che gli aiuti arrivino laddove sono necessari. Lo chiamino cessate il fuoco, pausa umanitaria, corridoio, finestra, il nome mi interessa poco: l’importante e che sia garantita la sicurezza necessaria per farli arrivare a chi ne ha bisogno“. Lenarcic non esclude l’ipotesi dei corridoi marittimi, sebbene presentino grandi ostacoli, visto che “sulla costa della Striscia mancano infrastrutture portuali adeguate per lo sbarco“. Per ora c’è il valico di Rafah. “Le opzioni non mancano. Penso in particolare al valico di Kerem-Shalom, controllato da Israele, che in passato era già stato usato e può essere aperto dall’oggi al domani“.

“SERVONO GARANZIE PER FAR ARRIVARE AIUTI”

Ci sono però altri problemi da risolvere, a partire da ‘pause’ nei combattimenti. “Il diritto internazionale umanitario è chiaro: servono garanzie per consentire agli aiuti di arrivare a destinazione in sicurezza“, dichiara il commissario europeo responsabile per la gestione delle crisi. Lenarcic tra l’altro ha più volte insistito sulla necessità di fornire carburante a Gaza, visto che “dal 7 ottobre non è stata fatta entrare nemmeno una goccia“. Questo rappresenta un problema, in quanto “vista la mancanza di energia elettrica, il carburante serve per estrarre l’acqua dai pozzi, per i fornai, per far lavorare gli operatori umanitari, per far viaggiare le ambulanze e per far funzionare i macchinari negli ospedali che tengono in vita le persone“.

Infine, riguardo il rischio che finisca nelle mani di Hamas, Lenarcic chiarisce che “è certamente un bene che può avere un doppio uso e dunque bisogna garantire che non finisca nelle mani sbagliate. Ma abbiamo grande fiducia nei nostri partner umanitari con cui lavoriamo da anni e devo dire che non abbiamo mai avuto non solo prove, ma nemmeno sospetti in questo senso“. Infatti, assicura che ci sono “controlli e misure di salvaguardia estremamente solidi“.