Storie Italiane è tornato sulla storia del povero Leo, il 15enne di Senigallia che si è suicidato lo scorso mese di ottobre, dopo essere stato vittima di bullismo per mesi. L’avvocato della famiglia di Leo era stamane in collegamento ed ha spiegato: “Quando si parla di bullismo bisogna intervenire da più fronti per forza, non si può pensare che sia solo compito di famiglia o istituzioni. L’Italia è impreparata dal punto di vista legale e dell’affrontare questi problemi. Non c’è alcuna normativa che preveda la prevenzione del bullismo e dall’altra sanzioni verso lo stesso”. Sul caso di Leo: “Abbiamo l’istituzione scolastica totalmente assente, addirittura abbiamo un preside che aveva spiegato di voler punire i ragazzi per quello che dicevano i genitori degli stessi e già questo è aberrante. Il preside ha poi eliminato tale normativa dopo che la notizia è diventata di dominio pubblico”.
E ancora: “La scuola non ha reagito, non ha fatto nulla, nessun messaggio di cordoglio ai genitori, non ha collaborato con noi, se non cercare di dire che la scuola fosse perfetta, che noi stavamo ledendo l’immagine dell’istituto. Per quanto riguarda le indagini, a novembre ho chiesto di sequestrare i cellulari dei tre ragazzi che stando a Leo erano i bulli ma la procura mi ha detto che non poteva fare il sequestro dei cellulari perchè prima volevano attendere l’analisi dei cellulari di Leo e questo per me è inaccettabili, bisogna verificarli immediatamente.
LEO, 15ENNE SENIGALLIA, LE PAROLE DELL’AVVOCATO
L’avvocato ha proseguito: “Qualche giorno fa abbiamo ricevuto la perizia informatica sul cellulare di Leo che ci ha fatto venire tanti dubbi. Nella conversazione di Leo con un amico vengono fuori i nomi di 4 ragazzi, due ragazzi e due ragazze, che prendevano in giro sempre Leo e di questi 4 nomi tre li avevamo fatti immediatamente. Questa perizia si è focalizzata solo su tre chat: quella fra Leo e i due genitori e quella fra Leo e un amico, l’amico che lo difendeva e che era stato picchiato all’interno della classe da uno di quei tre ragazzi intimandole di non fare il suo nome dopo che Leo era stato trovato morto. Perchè non sono state analizzate tutte le chat e i cellulari dei ragazzi che avevamo individuato e che ora abbiamo la prova che si tratti di loro”.
Eleonora Daniele aggiunge: “La prima istituzione è la scuola, quindi non è un attacco alla scuola dire che ci sono atti di bullismo al suo interno”. Il papà di Leo ha poi ripreso la parola dicendo: “Parlando di quello che è successo è molto doloroso, va oltre alle nostre forze, ma abbiamo uno scopo. C’è stato un atteggiamento di chiusura per non dire omertoso da parte della scuola e questo ha causato una chiusura anche delle famiglie dei ragazzi che non potevano non vedere. E’ vero che i ragazzi non dicono tutto a quell’età.
LEO, 15ENNE SENIGALLIA, IL PAPA’: “DELLE COSE ACCADEVANO A SCUOLA”
E ancora: “Ricostruire il quadro è stato difficile, dei fatti succedevano, Leo era preso di mira da dei ragazzi, erano in 4 e non 3, delle cose sono successe e abbiamo tentato di smuovere un po’ le coscienze e queste cose succedevano in classe, quindi non c’è stata come minimo attenzione, ma c’è stato un atteggiamento di menefreghismo su quello che succedeva nella classe in quel periodo, c’è un clima non tollerabile e non è possibile che nessuno ha visto nulla”. La mamma aggiunge: “Loro hanno visto ma sono stati in silenzio, quindi sono colpevoli: se ci avessero segnalato la situazione grave che c’era in classe Leo era con noi ora”.
Di nuovo il padre: “Non tolleriamo questo atteggiamento, non abbiamo ricevuto alcuna attenzione”, e la madre lancia un appello: “Devono andare dai giudici e parlare, le conseguenze ci devono essere. Fare il prof non significa solo stare lì e insegnare, bisogna essere anche degli psicologhi e dire ai genitori quello che succede, ma nessuno ci ha mai detto niente”. L’avvocato di Leo ha concluso dicendo che: “Il ministero ha fatto 4 ispezioni e ha trovato difficoltà a far emergere i fatti, se avessero parlato subito bastava una sola ispezione”.