Leo Gullotta ricorda con affetto la sua famiglia e tutte le persone che l’hanno reso l’attore e il doppiatore tanto amato dal pubblico italiano. “Il mio lavoro mi ha portato a ritenermi una persona fortunata sotto tutti i punti di vista, dai genitori che ho avuto alle persone meravigliose che ho incontrato da ragazzino e che mi hanno insegnato sia questa professione sia a lavorare, a rispettare il pubblico, ad avere delle regole” esordisce come ospite a L’Ora Solare, in onda su Tv2000.



Io sono nato in un quartiere popolare di Catania, abitavo in una casa di ringhiera, mio padre era un operaio pasticcere e mia madre casalinga – ricorda Leo Gullotta, ripercorrendo la sua storia senza mai dimenticare le proprie origini – Io sono l’ultimo di sei figli, nato dopo la guerra. Mio padre ci ha fatto vivere con grande dignità, nella sua semplicità ma nella sua forza e intelligenza mi ha anche insegnato molte cose fin da subito”. Suo padre si impone fin da subito come una delle figure più importanti e indelebili della sua vita: “era una persona molto semplice e molto forte, fu uno di quelli che in quegli anni a Catania portò la Cgil, quindi io da ragazzino la domenica, in cui gli operai potevano avere mezza giornata libera, vedevo delle persone che aspettavano mio papà. Mio padre faceva da tramite tra questi lavoratori e il ‘padroncino’”. Del padre, Leo Gullotta ricorda anche che “partecipò, durante la rinascita dopo la guerra, ai fatti di Avola, un momento molto importante per la Sicilia in cui c’era stata la forzatura di abbandonare la nostra agricoltura, le nostre terre, e andare a lavorare nelle fabbriche. Lì si ribellarono, ci furono anche dei morti, ma per fortuna mio padre tornò a casa. Mio papà mi ha lasciato delle note molto importanti per la mia crescita”.



Leo Gullotta: “capii le parole di mio padre solo anni più tardi”

Leo Gullotta, ospite nel salotto di L’Ora Solare su Tv2000 ricorda anche un momento fondamentale per la sua vita che vide protagonista proprio il padre, di cui ricorda che “quando ero ragazzino mio padre leggeva il giornale e io passavo il tempo a pettinargli la chioma bianca”. Quando Leo Gullotta aveva diciotto anni “domandai a mio padre cosa fare, se continuare con il teatro oppure andare a insegnare. Lui mi disse una cosa importante che capii anni più tardi: ‘mi darebbe molto fastidio se ai tuoi 50 anni magari fai un lavoro che ti ho indicato e che non ti piace’. Mi ha responsabilizzato, ed essere responsabile di ciò che fai nella vita è compito tuo”.



Leo Gullotta, regala anche un prezioso ricordo sulla grande Ave Ninchi: “è stata lei a stimolarmi, aveva intravisto qualche cosa in me”. E quando “compiuti dieci anni allo stabile di Catania” decise di andarsene perché “avevo capito che l’attore deve vedere e conoscere il mondo”, Ave Ninchi “mi ha ospitato per molto tempo, sei o sette mesi, a casa sua a Roma in via Livorno. C’era la sua mamma, il marito e lei che andava a veniva dal suo lavoro. Era un’attrice immensa. Mi ha ospitato con dolcezza e con amore in questa casa”.