Il fondamentalismo islamico fa una nuova strage di innocenti. Almeno 110 civili sono stati uccisi ieri nel villaggio di Koshobe, nel nordest agricolo della Nigeria, da una banda del movimento jihadista di Boko Haram, secondo quanto ha testimoniato il coordinatore umanitario dell’Onu in Nigeria. Gli uomini della banda hanno assalito uomini e donne che si trovavano a lavorare nei campi. L’accusa è insensata: questi contadini avrebbero fornito delle informazioni alle forze governative o, in ogni caso, sarebbero state loro troppo vicine. È chiaro invece che gli jihadisti vogliono colpire al cuore il paese mentre, per la prima volta dopo 13 anni, si stavano svolgendo delle libere elezioni.



“Boko Haram” è un’espressione che si può tradurre con “l’educazione occidentale è peccato”. L’organizzazione, alleata con l’Isis, è nata nel 2002 e vede l’occidente come elemento corruttore dell’islam. Il movimento divenne tristemente famoso nel 2014 per le 276 ragazze rapite da un collegio di Chibok sempre nello Stato del Borno.



I fondamentalisti agiscono secondo un’ottica suicida e demoniaca: colpire la gente che lavora in una nazione africana già vessata da enormi problemi economici e sociali. C’è una miopia crudele che mentre usa la propaganda anti-occidentale, continua a vessare proprio i più deboli e condanna alla povertà e alla guerra un Paese che millanta di “voler liberare”.

C’è poi la vigliaccheria della forza. I fondamentalisti di Boko Haram, i criminali di ogni tempo, non agiscono alla luce del sole, ma quasi sempre di notte, all’improvviso, cogliendo alla sprovvista, in modo anche da alimentare la paura, da impedire la possibilità di una vita normale.



L’unica ribellione possibile per noi, in questo momento, è la denuncia, il grido, affinché questi fatti si sappiano e vengano ricordati. In epoca di Covid, infatti, è troppo alto il rischio che le guerre dimenticate, quelle tra poveri, diventino fantasmi e che l’indifferenza sia il vero e più pericoloso alleato dell’odio religioso. E invece bisogna ricordare che non è la religione ad uccidere ma il fondamentalismo settario: come in questo caso, il 98% delle vittime fatte dall’Isis e dai suoi alleati sono musulmani. A riprova che siamo davanti semplicemente a gruppi di banditi che usano la religione per i loro scopi di terrore.