Interviene anche il questore sul caso che vede protagonista Leonardo Zappalà, cantante neomelodico conosciuto col nome di Scarface. A giugno pubblicò il video di “Guaioni e quartieri”, poi rimosso. Nelle immagini c’era anche il rito della “punciuta”. Tante furono le reazioni, tra cui quella del sindaco di Paternò (Catania), che chiese l’intervento dei carabinieri, come riportato dal Fatto Quotidiano. In alcune scene della clip si vede un “patto di sangue” con un santino che brucia, poi pistole, puntate alla tempia e poi abbassate da ragazzi, forse minorenni. Questi sono segni e simboli che rimandano ad un rito di iniziazione mafiosa, conosciuto a livello locale come “punciuta”, e in generale ricollegabile alla criminalità organizzata. Al 19enne è arrivato un avviso orale dalla Questura. Secondo infatti il questore di Catania Mario Della Cioppa, in quelle scene, inneggianti alla cultura mafiosa, vengono esaltate armi e droghe. Ci sarebbe quindi il rischio di emulazione.



LEONARDO ZAPPALÀ, QUESTORE: “INCITA ALLA CULTURA MAFIOSA”

Le indagini dei carabinieri partirono già a fine giugno, quando il video di Leonardo Zappalà, in arte Scarface, fu pubblicato in rete. Il caso si aprì con l’esposto del sindaco di Paternò e le tante reazioni sui social, in particolare da parte delle associazioni giovanili. Il video era stato girato nel catanese, tra i ruderi del Centro operativo misto e dell’auditorio della scuola Don Milani, simbolo di degrado e abbandono. Ma hanno pesato anche i precedenti di Leonardo Zappalà. Come riportato dal Fatto Quotidiano, in passato è stato denunciato per spaccio di droga ed è stato “controllato” in compagnia di soggetti legati alla criminalità organizzata. Ma Scarface fece discutere anche durante la sua partecipazione a Realiti, programma Rai condotto da Enrico Lucci. Il cantante neomelodico, parlando di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, simboli della lotta alla mafia uccisi nel 1992, disse: «Queste persone che hanno fatto queste scelte di vita, le sanno le conseguenze. Come ci piace il dolce, ci deve piacere l’amaro». Poi rivide la sua posizione, ma furono necessarie le scuse di Carlo Freccero. Per questo la procura di Catania ha aperto un’inchiesta.

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