I sostegni per i servizi fondamentali per  i minorenni e le loro famiglie hanno la loro base normativa nel  D. Lgs. 30 luglio 1999, n. 300, recante Riforma dell’organizzazione del Governo che prevede, all’art. 46, co. 1, lett. c, che il ministero del Lavoro e delle Politiche sociali svolga le funzioni di spettanza statale in materia di politiche sociali, con particolare riferimento ai principi e obiettivi; successivamente la legge  8 novembre 2000, n. 328, legge quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali, ha previsto, all’art. 18, che in Governo predisponga triennalmente un Piano nazionale degli interventi e dei servizi sociali.



Il successivo riparto di competenze fra Governo, Regioni ed Enti locali, definito dalla riforma del titolo V della Costituzione del 2002 (Legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3), che ha riscritto l’art. 117, insieme alla scarsità di risorse disponibili per il finanziamento delle politiche sociali, che ha impedito la determinazione, ai sensi del co. 2, lett. m, dello stesso art. 117, dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale, ha, di fatto, per alcuni anni reso vano l’esercizio programmatorio previsto dalla L. 328.



Negli ultimi anni, tuttavia, tali limiti sono stati, almeno in parte, superati. Le risorse dei fondi sociali nazionali sono aumentate e si sono stabilizzate nel bilancio dello Stato, mentre alcuni livelli essenziali sono stati definiti, in norma primaria o nei documenti programmatici associati agli stessi fondi. Inoltre, il D.Lgs. 15 settembre 2017, n. 147, recante “Disposizioni per l’introduzione di una misura nazionale di contrasto alla povertà”, è intervenuto in materia programmatoria con l’articolo 21, istituendo, presso il ministero del Lavoro e delle Politiche sociali, la Rete della protezione e dell’inclusione sociale.



La legge ha affidato alla Rete una rinnovata progettualità programmatica, collegando i tre maggiori fondi sociali (Fondo nazionale per le politiche sociali, Fondo povertà, Fondo per le non autosufficienze) ad altrettanti Piani, elaborati dalla stessa Rete, “di natura triennale con eventuali aggiornamenti annuali”: il Piano sociale nazionale, il Piano per gli interventi e i servizi sociali di contrasto alla povertà, il Piano per la non autosufficienza. Inoltre, al servizio sono dedicati circa 270 milioni di euro dal Pnrr nell’orizzonte temporale 2021‐2026 per la realizzazione di 250 centri, per una spesa unitaria a progetto di circa 1,1 milioni, che comprende investimento iniziale e oneri di gestione fino a tre anni per la realizzazione di 250 nuove progettualità.

Effettuato l’investimento, dopo il primo triennio i costi di gestione verranno finanziati con le risorse del Fondo povertà, con il Programma operativo complementare al Pon Inclusione e col nuovo Pon Inclusione.  I Livelli essenziali delle prestazioni sociali (Leps) non possono essere concepiti come mera risposta settoriale, interagiscono con una domanda sociale e sociosanitaria complessa che richiede l’integrazione di più livelli di intervento. Vanno ricondotti a interventi di sistema che riconoscano la necessità di multidimensionalità e intersettorialità dei percorsi rivolti alle famiglie, alle bambine e ai bambini e agli adolescenti.

Diritti e giustizia sociale, diversità e inclusione, empowerment individuale e collettivo rappresentano gli orientamenti indispensabili per garantire le generazioni attuali e future. Negli ultimi anni sono stati affermati alcuni principi importanti nel riconoscere il diritto, per tutti i cittadini, quindi anche per le persone di minore età, di disporre di interventi (prestazioni) sociali essenziali, all’interno del complesso sistema delle politiche di welfare. Il Pronto intervento sociale, ad esempio, deve essere sostenuto da protocolli operativi integrati e da un modello organizzativo che valorizzi la continuità dell’accompagnamento, prima e dopo la condizione di urgenza, condizione che va letta non solo come esperienza individuale, ma come indicatore di rischio e di vulnerabilità sociali all’interno di una determinata comunità, espressione di disagio ma anche di risorse.

Dobbiamo aspettare che si realizzano le cosiddette case della salute dove si concentrano i nuovi sistemi integrati per le persone? Attendiamo di avere risultati concreti.

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