Les Choristes – I ragazzi del coro ė una perla uscita nei cinema nel 2004. Fugace la sua apparizione in Italia, mentre in Francia ha goduto di un’ampia visione e di una buona critica. Meritate. Gli attori sono perlopiù conosciuti in patria, dai suoi confini è uscito il solo Francois Berléand per la saga di Transporter e per Il Concerto, ma tutti gli altri non sono da meno. Il film tratta di musica, anzi di canto, ma soprattutto di educazione.



Ho avuto la possibilità di ascoltare la testimonianza di don Claudio Burgio, cappellano del carcere minorile Beccaria di Milano, e di alcuni suoi ragazzi, che con affezione e lavoro è riuscito ad aiutare portandoli sulla retta via. Leggete il suo libro “Non esistono ragazzi cattivi”, e vedrete un bel parallelo con la pellicola.



Ecco, il film inquadra un collegio di correzione dove ci sono ragazzi e bambini abbandonati, ribelli, senza genitori o con la sola madre che non può accudirli. La targa sopra il cancello d’ingresso ha stampata la scritta  “Fondo dello stagno”, come a dire che la  speranza lì non esiste.

Il protagonista del film è l’insegnante di musica disoccupato Mathieu, un bravissimo Gerard Jugnot, che accetta il lavoro di sorvegliante. Quando arriva davanti al cancello incontra un bambino, Pepinot, che aspetta come tutti i sabati i suoi genitori che non arriveranno mai.

Il coprotagonista è l’adolescente Pierre, che all’inizio del film si vede adulto e affermato direttore d’orchestra mondiale che, ritornato in Francia per il funerale della madre, incontra uno stempiato compagno di collegio, Pepinot, che con un diario scritto da Mathieu ripercorre le traversie degli anni duri trascorsi nella struttura. Qui vi è il direttore che è veramente un bastardo e che tratta i ragazzi con durezza e asprezza, facendo suo il motto azione/reazione: a qualsiasi, anche lieve, errore e rimostranza dei ragazzi applica castighi corporali a valanga. Tutto ciò crea odio e ansia nei giovincelli.



Mathieu, umile sorvegliante, accetta i limiti dei ragazzi, li accoglie, li valorizza, non li bastona né moralmente, né fisicamente. È attento a loro e con l’unica sua arma, la musica, costituisce un coro, a cui aderisce anche il professore di matematica. E il clima cambia nonostante la cattiveria del direttore.

Mathieu trova in Pierre un giovincello dotato di capacità canore, conosce la madre, forse se ne innamora, ma lui piccolo e pelato non ha chance. Riuscirà a fargli avere una borsa di studio che poi lo lancerà nell’olimpo della musica. Accade un tourbillon finale dove il nostro capo coro viene licenziato, ma poi escono le magagne e le brutture del direttore che viene a sua volta spesato. Intensa e bellissima la scena finale, quando Mathieu  sta salendo sulla corriera e vede arrivare il piccolo Pepinot che vuole andare con lui. Il voissover dice: Era un sabato. E Pepinot salirà nel bus con Mathieu per vivere il resto della vita.

In questo lager i ragazzi erano considerati irrecuperabili, ma Mathieu  con la sua semplicità di cuore e affezione li aiuta. Così don Burgio al Beccaria.

Un film che fa riflettere e che mette al centro della discussione la figura dell’educatore che guarda con occhi amorevoli i ragazzi, non li giudica per le loro negatività, ma li segue umanamente nel cammino. Mathieu ha a disposizione il canto, crea un coro, li unisce, don Burgio parte da Cristo, ma è un cammino comune, dove il bene prevale sul male. Secondo me, non a caso, nella colonna sonora del film c’è il Kyrie eleison cantato dal coro. Un film  che tutti gli insegnanti dovrebbero vedere.