Benché pubblicato l’8 maggio 1970, le registrazioni di Let it Be, ultimo disco dei Beatles ad essere pubblicato, furono antecedenti a quelle di Abbey Road, uscito nel settembre dell’anno prima. Di fatto Let it Be si può considerare un disco “postumo” come si dice in gergo, in quanto i Fab4 non esistevano già più. Il comunicato ufficiale infatti che annuncia la loro separazione è del 10 aprile 1970. Da tempo Paul, George, Ringo e John erano ai ferri corti, dai tempi delle session che produssero quanto pubblicato appunto su Let it Be. Il gruppo aveva perso la motivazione principale che aveva fatto di loro il più grande gruppo di tutti i tempi, quel senso di amicizia che li aveva fatti mettere insieme e lavorare per tanto tempo. Ognuno di loro si era sposato, conduceva vite e interessi diversi. Soprattutto Lennon era diventato un attivista politico e non mancava occasione di portarsi la moglie Yoko Ono in studio che interferiva con commenti e consigli, creando nervosismo tra i quattro abituati da sempre a lavorare senza interferenze esterne. George Harrison poi, che stava vivendo una autentica esplosione creativa, era furioso che su ogni disco Lennon e McCartney pubblicassero solo una o al massimo due delle sue canzoni.
“LA FINE DEL SOGNO”
Paul, davanti alla crisi, pensava che tornare a fare concerti avrebbe cementato di nuovo la loro voglia di fare musica. Ma nessuno era d’accordo. Ci furono poi squallide beghe legali con i loro avvocati e manager e alla fine fu McCartney a comunicare che lasciava i Beatles in una conferenza stampa: ““Differenze personali, differenze di vedute d’affari, differenze musicali, ma soprattutto perché sto meglio con la mia famiglia. Temporaneo o permanente? Non saprei dire”. Pensi che tornerai a lavorare con Lennon, chiede qualcuno. “No” è la secca risposta. Laconico il commento dell’ex amico: “Il sogno è finito” riferendosi anche alla fine degli anni 60, epoca di utopie e speranze pacifiste. Ma Let it Be era lì, pronto e con alcuni capolavori, anche se è il disco meno bello del gruppo, dove si vede poco sforzo creativo. Si salva solo il capolavoro di McCartney che intitola l’album, altri due suoi brani, Get Back and The long and winding road, e Across the universe di Lennon. Il disco viene prodotto da Phil Spector che lo carica alla sua maniera di orchestrazioni pesantissime. Solo una quarantina di anni dopo uscirà Let it Be… Naked, privato di quegli arrangiamenti (tutte le sedute di registrazione del disco vengono filmate e pubblicate nel filmato omonimo che mostra la tristezza e il senso di frustrazione di quei momenti).