Ahmed ha 13 anni. Vive con la famiglia nella provincia di Liegi, in Belgio. Tra scuola e compiti, Ahmed trova spazio per coltivare con assiduità la sua fede religiosa, l’islamismo. Una fede che prende la piega dell’integralismo musulmano, seguendo gli sfidanti consigli di un imam locale, che lo forma e lo plagia, guidandolo verso un folle ideale, deformato dal fanatismo.
Ahmed si ribella alla famiglia, alla scuola, all’insegnante, anch’essa musulmana ma aperta a una lettura più inclusiva e più positiva del Corano che, agli occhi del ragazzo, sembra un grave diniego della sua fede. Ispirato dall’imam e dall’esempio di un suo cugino, martire dell’Islam, Ahmed rifiuta le regole, la ragione e si abbandona alla follia della violenza.
Premiato per la miglior regia al Festival di Cannes, L’età giovane ci porta nella vita di Ahmed, un cocciuto e orgoglioso ragazzino di 13 anni, plasmato a immagine e somiglianza del suo imam e del suo integralismo islamico.
Come può, un ragazzo così giovane, desiderare la morte, rischiare la vita e il suo futuro, combattere la madre e la sua insegnante, solo per adempiere ai presunti doveri del buon musulmano? Una domanda assurda per una storia di inquietante normalità. Una storia che descrive con grande naturalezza la convinta adesione di un giovane a un ideale più grande di lui. Una storia di plagio, naturale, quotidiano, paziente, criminale, ai danni di un ragazzo fragile senza un motivo apparente. Un ragazzo fragile, forse, solo perché giovane.
Basta, secondo il racconto realistico, sensibile e stimolante dei fratelli Dardenne, un’età giovane. Basta una mente ingenua, desiderosa di assorbire, o forse solamente il desiderio innato di sentirsi accettato, di sentirsi importante per qualcuno. Basta un po’ di coraggio, di determinazione, di solitudine, per seguire un’idea innaturale e folle che cancella il futuro. Basta un eroe, un modello, una guida per cedere al male assoluto che offusca la realtà, distrugge una vita e tutto ciò che c’è attorno.
Ahmed è un ragazzo tutto sommato normale. In una famiglia normale. Ma su di lui fa più presa l’interesse subdolo di un fanatico piuttosto che l’amore genuino di una madre. È questo che rende la storia di Ahmed una storia disarmante. Perché ci rende indifesi di fronte a un nemico silenzioso. Che miete vittime nel privato della relazione umana, personale, quasi paterna. In nome di un dio che non esiste proprio, e se esiste certamente non in quella forma assurda che preferisce la morte alla vita.
Ahmed esita. Colpisce. Ritira la mano. Affonda, si richiude su se stesso. Ha paura. Ha coraggio. Ha passione, e ordinaria follia. Rimane lì, sul confine dell’autodistruzione, per colpa di qualcun altro.
L’età giovane è uno scandalo educativo che esiste, qua e là, nel mondo. Una storia, che i Dardenne ci raccontano con misura e sensibilità, e che il giovane Idir Ben Addi interpreta con grande espressività e naturalezza. Un film che fa pensare, purché non si faccia di tutta l’erba un fascio.