La tabella riportata di seguito mette a confronto i tassi di letalità italiani con quelli cinesi, per fasce di età, rispettivamente nella seconda e terza colonna. Il confronto per fasce di età è molto interessante, poiché, a differenza del tasso di letalità globale, non risente del problema della diversa struttura per età, che in questo caso penalizzerebbe un paese come l’Italia, con un’alta proporzione di anziani nella popolazione.
Il tasso di letalità (o CFR, Case Fatality Ratio), è il rapporto decessi/casi totali, osservati ad una certa data. Per l’Italia questi tassi sono stati pubblicati di recente dall’Istituto Superiore di Sanità con dati aggiornati al 13 marzo 2020, e risultano calcolati sui 15.113 casi accertati al 12 marzo. I tassi di letalità cinesi sono stati pubblicati dal Chinese Center for Deasease Control and Prevention e diffusi anche dalla stampa sul web, e riguardano un totale di 72314 pazienti in Cina.
Rispetto ai dati italiani quelli cinesi riportano la sola classe di età 80+, anziché le due classi di età 80-89 e 90+, per cui prima di fare il confronto è necessario stimare il tasso di letalità della classe 80+ per l’Italia. Tale stima è stata effettuata con la formula:
Dove D rappresentano i decessi e CFR i tassi di letalità; da notare che il rapporto D/CFR rappresenta una stima dei casi per la classe di età corrispondente, per cui al denominatore abbiamo la somma dei casi per le classi di età 80-89 e 90+. I dati numerici si possono desumere dalla pubblicazione dell’IIS citata.
Dalla tabella si rileva che i tassi di letalità italiani per le classi di età oltre i 70 anni sono più alti di quelli cinesi, mentre per le classi di età sotto i 70 anni sono più bassi: questo risultato è confermato anche dall’applicazione di strumenti statistici inferenziali (test di ipotesi e intervalli di confidenza).
I 70-79enni italiani hanno una mortalità per Coronavirus del 20% superiore a quella dei coetanei cinesi, mentre gli ultra 80enni hanno una mortalità del 15% superiore. Nelle altre classi di età invece si rileva un notevole vantaggio dell’Italia rispetto alla Cina.
Un confronto tra Italia e Cina a livello aggregato si può effettuare calcolando i tassi di letalità standardizzati ottenuti dalla seguente formula:
dove e sono i tassi di letalità per l’Italia e per la Cina rispettivamente, mentre , con è una struttura della popolazione per età, scelta identica per i due paesi, in modo tale che il risultato finale del confronto dei tassi non risenta della diversità della struttura stessa, che come noto vede in Italia una maggiore proporzione di anziani.
A questo scopo si è scelta la struttura per età dei contagiati in Italia che si può desumere dalla Tabella 1 del rapporto dell’ISS, e che è riportata nella prima colonna della tabella.
In base a tale struttura il tasso di letalità medio italiano risulta del 6% (ovviamente vi possono essere differenze con quello osservato il giorno 12 marzo che potrebbe avere una struttura per età differente). Quello cinese, risulta invece del 5,6%, e quindi inferiore a quello italiano. Nel complesso il tasso di letalità italiano risulta del 7% superiore a quello teorico cinese.
Questo risultato di confronto potrebbe essere in parte inficiato dal diverso modo di rilevazione dei casi di contagio in Italia e in Cina, il cui effetto però non risulta di facile valutazione.
Un fatto comunque è interessante da sottolineare, ovvero che il tasso di letalità cinese calcolato con la struttura dei contagiati italiana si avvicina molto all’ordine di grandezza italiano ed è superiore a quello osservato in Cina (intorno al 3%): questo potrebbe significare che non è vero che in Italia il sistema di rilevazione dei contagiati tenda a sottostimarli rispetto alla Cina, e che invece la differenza nei tassi di letalità osservati tra Italia e Cina è dovuta in gran parte alla differenza di struttura della popolazione per età nei due paesi, oltre che al fenomeno evidenziato nella tabella riportata.
Ipotizzando dunque che il confronto sia corretto, sorge qui la domanda se la forte pressione a cui è sottoposta la terapia intensiva nel nostro paese non stia già producendo dolorosi effetti di triage che stanno penalizzando le classi di età più avanzate.