“LAVERITÀ” VS LETTA: ACCUSA SULLA CAMPAGNA ELETTORALE (DELLE SUPPLETIVE)

Secondo la ricostruzione fatta da “Verità & Affari”, la versione economica del quotidiano diretto da Maurizio Belpietro, il Segretario del Pd Enrico Letta avrebbe “cancellato” il nome dei presunti benefattori alla sua campagna elettorale per le Elezioni Suppletive alla Camera dell’ottobre 2021. Franco Bechis è andato a pescare i documenti pubblicati nella sezione “documentazione patrimoniale” sul sito della Camera: ebbene, vi sarebbero tre bonifici – «Uno da 30 mila euro in data 2 settembre 2021. E due da 10 mila euro, uno in data 9 settembre 2021 e uno in data 4 ottobre 2021» – che hanno ben chiaro il destinatario, per l’appunto Enrico Letta, ma coperto il benefattore. Sono i 50 mila euro – secondo “Verità & Affari” – che avrebbero finanziato la campagna elettorale del leader dem in grado di aprirgli le porte del Parlamento.



Scrive ancora Bechis sui benefattori del Segretario: «Sappiamo che sono due grazie alle schede di dichiarazione congiunta trasmesse alla segreteria della Camera via Pec: uno ha versato 10 mila euro a Letta, e l’altro 40 mila euro in due tranches». Il nome però resta segreto perché nelle documentazioni caricate sul sito della Camera, l’identità viene oscurata da un tratto di pennarello nero per proteggere così la privacy. Addirittura, rivela ancora il quotidiano economico, «nelle schede sono oscurati sia nome e cognome che firma del mandatario elettorale che raccoglieva i fondi per Letta. Ed è oscurata pure la firma di chi ha versato quei 50 mila euro, in modo da non avere alcun appiglio per risalire alla sua identità». Si tratta di un improvviso eccesso di privacy – che spiegherebbe anche la strana cancellazione del codice fiscale di Letta, mentre sono pubblici luogo e data di nascita da cui si può tranquillamente risalire al codice – o di qualcosa di errato/illegale, come sostiene “Verità & Affari”?



COSA AVREBBE FATTO ENRICO LETTA E QUALE LEGGE È VIGENTE ORA

Il problema non è tanto nell’itinere della campagna elettorale per le Suppletive, dove è rendicontato nel dettaglio tutti gli ingressi e aiuti di fondi per sovvenzionare privatamente l’elezione di Enrico Letta alla Camera. La questione è più di opportunità politica e di “trasparenza”: attacca il quotidiano di Belpietro, «il segretario del partito che gareggia per essere il numero uno in Italia ha una visione oscurantista del finanziamento della politica». Secondo Franco Bechis, il problema è poi anche di natura legale: al netto infatti dell’opportunità o meno di tenere nascosti i benefattori privati a sostegno, cancellare il nome sui documenti «è anche illegale secondo la normativa italiana vigente».



Ironia del destino, è un decreto legge che porta la firma di Enrico Letta – il 149/2013 sul finanziamento della politica – a ridefinire i finanziamenti privati alla politica tra i 5mila e i 100mila euro: in sostanza, il decreto rendeva possibile omettere per ragioni di privacy i soldi che politici e partiti ricevevano da persone fisiche o giuridiche. La legge è però stata abrogata dal primo Governo Conte con la famosa Spazzacorrotti: dunque ora le norme impongono che nessuno in politica, che sia partito o fondazione, può «accettare finanziamenti piccoli e grandi da chi sia contrario a dare piena pubblicità all’atto». Ergo, spiega ancora Bechis nel suo dossier, «sono illegali i finanziamenti ricevuti e oscurati come quelli che hanno permesso a Letta di diventare deputato. Quel pennarello nero dunque non poteva oscurare l’identità dei finanziatori della campagna elettorale personale del segretario del Pd».