LETTA STOPPA LO SCIOGLIMENTO DEL PD: “SI VA AL CONGRESSO”

Il Pd rischia lo scioglimento? Dopo il pessimo risultato delle Elezioni Politiche non sono poche le voci, alcune anche autorevoli, che mettono sul tavolo del prossimo Congresso la possibilità di chiudere l’esperienza nata con Walter Veltroni e lanciare un nuovo soggetto politico in grado di recuperare i voti perduti verso M5s e Azione-ItaliaViva. Anche per questo il segretario dimissionario Enrico Letta – sarà forse la Direzione Pd di giovedì 6 ottobre a sancire anche il passaggio formale delle dimissioni, con la convocazione del Congresso? – oggi ha voluto rispondere a tono alle voci sul possibile scioglimento del Partito Democratico. Smentendolo su tutta la linea: «è irricevibile la drammatizzazione di chi pensa che il Partito Democratico sia da sciogliere».



Le voci arrivate all’AGI confermano da un lato la volontà di Largo del Nazareno di impedire ogni qualsivoglia tentativo di “scioglimento”, puntando di contro ad accelerare l’iter verso il Congresso per decidere le sorti di chi dovrà guidare la sinistra in Italia e con quale idea di partito, soprattutto. «Non si allunghi il brodo», commenta uno dei candidati più forti al ruolo di Segretario dem, Stefano Bonaccini. Base Riformista di Lorenzo Guerini, una delle correnti più forti interne al Pd, sostiene la corsa del Governatore emiliano e fa sapere in una nota come il ritardo nella convocazione del Congresso rischierebbe di arrivare impreparati alle Elezioni Regionali in primavera. Si punta a chiudere entro febbraio, massimo marzo, ma non è escluso che l’accelerazione dell’iter in Direzione Pd giovedì possa convocare ben prima il Congresso con successive Primarie del Centrosinistra.



PD SPACCATO VERSO CONGRESSO 2023: TUTTI GLI SCENARI E LO SCONTRO CON RENZI

«Il Partito Democratico va sciolto», ha detto Rosy Bindi, ex Presidente del Pd; per Gianni Cuperlo invece «il Pd va rifondato»; per Matteo Orfini invece, «Scioglierlo e rifondarlo». I dem sono spaccati, ma uniti su unico punto: Letta ha fallito la “partita” delle Elezioni Politiche e andrà sostituito. Nel mezzo però ci sono le due “forze” esterne al Pd, ovvero M5s e Terzo Polo, che spingono per recuperare quanti più voti-protagonisti dei Dem: «Lo vogliamo capire che Conte, come Renzi e Calenda, vogliono disintegrare il Pd per prenderne i voti? Lo ripetono tutti i giorni», rintuzza Luigi Zanda prima della Direzione decisiva di giovedì, «Il Pd dovrebbe sciogliersi e mandare allo sbando il sistema politico italiano per l’egoismo di Conte, Renzi e Calenda? Non scherziamo. Il Pd non è una costola dei 5S, che hanno dimezzato i loro voti del 2018».



Il segretario Enrico Letta nei giorni scorsi si è limitato a richinare l’appuntamento di giovedì, scrivendo sui sociale come si va «Verso il Congresso del nuovoPD. Convocheremo giovedì 6 la Direzione. Per un percorso congressuale inclusivo e aperto che vada alla radice dei problemi e affronti le sfide che stanno di fronte alla nostra comunità. E per poi scegliere di conseguenza chi ci guiderà in futuro». Secondo il deputato Roberto Morassut, in vista di una nuova “costituente” del partito, occorrerebbe congelare l’attuale assetto al vertice del partito: «Se vogliamo davvero fare una costituente che non sia un’operazione di facciata, credo che Enrico Letta debba restare segretario e guidarla insieme alle attuali capigruppo fino a che non via sia un processo reale di costituzione di un soggetto politico nuovo che rimescoli le carte tra interno ed esterno». Un “interessato” Matteo Renzi in queste ore va ripetendo contro Letta che il Pd più che lo scioglimento rischia la completa dissoluzione in questa Legislatura: «Non l’ho detto io che l’esperienza del Pd è finita, lo hanno detto esponenti del Pd. L’operazione fatta dal Pd e da Letta accecato dall’odio e dal risentimento personale anche nei miei confronti ha portato la Meloni e il centrodestra a prendersi il paese». Secondo Renzi, inoltre, «il prossimo governo avrà due opposizioni: una riformista con noi, Calenda e chi vorrà starci, e una opposizione populista con Conte e quelli del Pd come Provenzano». Secondo Massimo Cacciari, ex sindaco Dem di Venezia, il Pd deve cambiare nome nel prossimo Congresso avanzando una mossa simile a quanto fatto da Occhetto negli anni 90 “contro” il PCI: «Democrazia Progressiva» è il nome suggerito dal filosofo dem. Altri nomi che aleggiano sul futuro del Pd sono anche “I Democratici”, o “La Cosa Rossa”, e tanti altri ancora: la partita del Congresso è aperta, i contenuti della sfida invece sono ancora tutti da “costruire”.