“DA BERLUSCONI PAROLE GRAVI: SICURO CHE SMENTIRÀ”

La notizia di ieri a livello politico non è stato tanto il “traccheggiare” di Mario Draghi in conferenza stampa nel non voler rispondere a domande sul Quirinale, bensì la “sfida” che Silvio Berlusconi avrebbe lanciato al suo amico-rivale ex Presidente della BCE. Oggi a “Metropolis Live” de “La Repubblica” il segretario Pd Enrico Letta lancia il suo personale “veto” alla candidatura del Cavaliere, ritenendo molto gravi le parole riportate ieri da fonti vicine a Forza Italia.



Facciamo un passo indietro e vediamo perché, da Letta a Conte, da Salvini a Meloni, si è chiamati tutti a giorni molto delicati per la corsa al Quirinale (primo voto, lo ricordiamo, il 24 gennaio in Parlamento). «Draghi a molti non piace e tanti non lo voterebbero comunque perché la sua elezione significherebbe elezioni anticipate, voto subito», avrebbe detto l’ex Premier azzurro, «Forza Italia non si sente vincolata a sostenere alcun governo senza Draghi a Palazzo Chigi e, nel caso, uscirebbe dalla maggioranza». In conferenza stampa Draghi non risponde affatto sul tema, ci pensa allora Letta a “Rep” a considerare quelle parole come sbagliate: «Non credo che quelle parole siano state pronunciate, sarebbero molto gravi, la tempistica è sbagliata, sbagliatissima». Il nipote del principale consigliere di Berlusconi, Gianni Letta, ritiene che ben presto il Cav smentirà quelle stesse parole, «sono dei riportati, dei detti, se fossero state effettivamente dette sarebbero molto gravi. Sono sicuro che non le ha dette».



IL PROGETTO DI LETTA PER IL QUIRINALE

Il piano per il Colle resta assai complicato, specie se si dovesse davvero arrivare ad una resa dei conti in Parlamento sui nomi di Berlusconi e Draghi: «Giovedì mattina dirò alla Direzione e ai Gruppi che noi lavoriamo per trovare una intesa su una o un presidente di larga intesa, di condivisione, con un profilo istituzionale condivisibile da una larga maggioranza dei grandi elettori, non divisivo. E’ la cosa giusta da fare. Lavoreremo così, non muro contro muro e sì condivisione», spiega Letta dando l’anticipo di quanto avverrà nei prossimi giorni in casa Pd, ammettendo poi «Anche io vorrei un presidente della Repubblica che uscisse dalle nostre fila, spero ci si riesca. Ma so che il mio partito rappresenta il 12% del Parlamento». Secondo l’ex Premier dem, il Presidente della Repubblica dovrà uscire da uno sforzo condiviso di tutti: «Berlusconi è il capo di un partito, è divisivo lui come lo sono io, Salvini, Conte. Ognuno di noi essendo capo di partito è divisivo per definizione. Il presidente della Repubblica, come sempre, deve essere una figura istituzionale non il capo di un partito».

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