Caro direttore,
basterebbe un bravo psicologo a capire le mosse dei partiti di governo in questo periodo, le mosse dei loro leader, gli umori che li agitano.

1. Guai a toccare la Ditta. Che ha espresso e ancora irretisce con il cappio della nostalgia ideologica gli orfani dell’ideologia comunista, quelli rottamati, dalla storia prima che da Renzi. Vogliono vendetta, solo vendetta. Non  a caso i baffi di D’Alema sibilano da qualche tempo all’avvocato pugliese. E la chiave del “tornate a casa” è il mantra che imbarazza i più esili senatori di Italia viva, ancora legati a un senso di colpa organico, intimo, ineludibile. L’abbiamo visto davanti ai fatti più cruenti del 900, davanti ai carri armati sovietici in Ungheria, ai cancelli di Danzica, nelle aule di processo dove inveivano tronfi “i compagni che sbagliano”. Ammettere che la ditta pecchi, è dura. E chi strappa ne porta il rimorso, volente o nolente. Quindi, la vendetta dei puri, che sono rimasti, cambiando nome, sfumature, casacca, ma sempre fedeli al partito. Spiace per i cosiddetti riformisti, costretti a chinare il capo, per restare sulla poltrona, dicasi Franceschini, che imbarazzo.



2. I 5 Stelle, o sette, otto stelle, chissà. Qui ci vuole uno psichiatra bravo, che passare da marce su Roma al grido di vaffa alle piazze sobillate da parlamentari in motorino al governo con la Lega, era già un bel salto. Inventarsi un presidente del Consiglio fantoccio, e renderlo artefice di ogni loro mossa politica, burattinaio di marionette attonite e inutili, era ben più arduo. Lasciare che indossasse la maschera di democristiano da barzelletta, baciapile e trasformista, un salto doppio carpiato da fantasisti. Il dramma è che nulla era strategicamente previsto, studiato, programmato, scelto. I grillini vivono così, alla giornata, e da tempo con l’unico scopo di non lasciare un lavoro fruttuoso, in termini di soldi e di immagine. Lega, poi Pd di Bibbiano, poi anche Berlusconi, in un patto di coesione nazionale, perché no. Hic manebimus optime.



3. Il centrodestra. Spettatore confuso, quando potrebbe lucrare consensi, facendo politica. Se qualcuno ascoltasse Giorgetti forse ridurrebbe l’insignificanza. Berciare alle elezioni rubate (che poi tocca anche vincere) non serve, quando non voti. E un po’ di coesione vera, fidandosi reciprocamente, servirebbe alla credibilità.

4. I responsabili. Non è necessario indagare la psiche, vedasi al punto 2. Vogliono un posto. Terrorizzati dall’idea di scomparire e trovarsi a guardare i nipotini, dopo decenni di sopravvivenza periclitante, tipo Tabacci. O di di permanenza politica insignificante, tipo i tizi cai e semproni i cui nomi non sono citati neppure nelle cronache locali, e pour cause. Rispetto ai grillini hanno il merito della costanza. Sono allenati al tradimento, all’opportunismo, anche se adesso li chiamano costruttori, e fino a poco tempo fa  Scilipoti era un insulto grave. Tant’è, si trasforma pure la lingua. Lo psicologo potrebbe aiutare Conte a capire che chi cerca solo un posto, poi lo vuole al sole, e se non arriva combina guai.



5. L’avvocato del popolo sarebbe pronto a distribuire ministeri anche all’ultimo e scialbo del gruppo misto. Perché il suo scopo è apparire e resistere, e scalare la montagna della vanità e del potere. Non è cattiveria. Mai fidarsi di chi finge umiltà e sospiri da duro lavoro; di chi finge di sopportare il peso di un incarico gravoso, e lo giustifica col “servizio al popolo”. Di chi sorride ai bambini per strada e poi ringhia con astio e livore covati. La coerenza non sarà una virtù, ma da filotrumpiano a pupillo di D’Alema e Bettini ce ne vuole anche per stomaci forti. Cadrà anche lui, sic transit gloria mundi. Ma intanto accentra, comanda, sventola il ciuffo con eleganza a favor di telecamera e se ne frega di tutto, dalla fedeltà costituzionale alle liturgie parlamentari, che sono sostanza, non forma. Illuminato da un faro centrato sulla sua testa, raccoglie finché dura. Speriamo non fino al Quirinale.

6. Renzi. Anche lui dovrebbe fare ordine nel tumulto del suo animo irruente e focoso. Gli tornerebbe utile un po’ di analisi e autoanalisi. La mossa del cavallo la giochi quando hai chiaro il gioco, e intuisci le mosse dell’avversario. Se l’avversario è Vermilinguo, con maggior prudenza. Poi, se tiene insieme i suoi, gli gioverà meglio l’opposizione. Non vivacchiare ma vivere. La democrazia, non la demagogia. La libertà, non “anche” in tempo di pandemia, ma soprattutto in tempi così difficili. Ci vogliono scolte, anche se sono poche e rischiano tanto.