A scuola ci hanno insegnato l’incipit della Costituzione Italiana: “l’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro”. La modifica della Costituzione è un dibattito sempre aperto: per il prossimo giro, varrà la pena di proporre un nuovo complemento da inserire, giusto all’inizio: che l’Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro (dei nonni). Dove “dei nonni” non è soltanto un complemento di specificazione bensì di riconoscenza: il virus, tra le tante cose che, malmenandoci, ci ha insegnato è che l’Italia, così come abbiamo imparato a conoscerla, senza i nonni non ha le forze per stare in piedi.



È nata, cresciuta, si è fatta grande perché i nonni le hanno permesso di diventare tale: “Se i nonni non ci avessero dato una mano – recita la litania più usata a casa nostra – non avremmo potuto fare quello che abbiamo fatto”. È curioso che il “dare una mano” non sia stato dare dei soldi ma una mano, letteralmente: accudendo i figli, preparando il pranzo, evitando un part-time per venirci a prendere all’asilo.



La casa dei nonni, poi, era la casa più ambita nella quale andare in affitto: cucina sempre aperta, i giochi sempre sul tavolo, l’ora della buonanotte sempre rinegoziabile. Anche sulle ripetizioni si è risparmiato: non esiste libro di storia più affidabile della memoria dei nonni. “Più nonni, meno social network” potrebbe essere lo slogan per la fase 2 della ripartenza. Senza i nonni, però, ripartire sarà un’illusione ad altissimo tasso di delusione.

La prossima settimana si riapre: le fabbriche, i negozi, le gelaterie iniziano a portare i gelati sotto casa, i cimiteri riaprono i battenti, si cerca di tornare alla routine. Manca una variabile, però: “E i bambini, con chi stanno?” Assomiglia alla giornata in cui si parte per le vacanze: tutto pronto, tutti pronti, ma dove si va quest’anno? Come ricominciare senza i nonni? La spiaggia di giugno senza i nonni, poi, che spiaggia sarà? Taroccata, inguardabile, spaesata. Senza i nonni, che campiscuola si potranno fare in parrocchia: al Grest, poi, quest’anno i “nonni vigile” vedrai come mancheranno. Sentiremo anche la mancanza di quel vecchio signore che, in piazza, ogni mattina osservava che tutto andasse bene: adesso chi controllerà che non vadano i ladri nelle case?



È stato bastardo Covid-19: se proprio voleva ammazzarci, ci è quasi riuscito. È come se, volendo distruggere un albero, non si fosse messo a tagliare i rami, segare il tronco, rovinare i frutti. Non gli bastava: ha preso le radici, le ha tirate per i capelli, strappandole. Ha preso una generazione intera, i nonni, e l’ha messa in condizione da non potere più alimentare il tronco. Stiamo per sbattere fuori il naso, dopo mesi di clausura, e già ci tocca cambiare domanda. Non “che mondo sarebbe senza Nutella”, ma “che mondo sarà senza i nonni?” Difficile immaginarlo, tardi per immaginarlo.

Quand’ero piccolo e andavo al seguito del nonno contadino, mi dilettavo a sovrapporre la mia ombra con la sua: mi sentivo protetto. Quando mi stringeva la mano pensavo che era la stessa che aveva stretto quella di mamma e papà: era una sorta di trasfusione di memoria. Vederli ridotti all’impotenza mi è d’aiuto per capire quant’è bastardo questo virus: ha soppresso l’unico Ministero delle Politiche Sociali che funzionava, rimettendo in ballo il mantenimento intero della nazione. Stiamo riorganizzando la ripartenza dei conti senza l’oste appresso.

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