Fra le tracce della prima prova della maturità 2023 anche la Lettera degli accademici sul Covid che venne indirizzata all’ex ministro dell’istruzione, Patrizio Bianchi, nel 2021. Venne sottoscritta dal mondo accademico e culturale, e invitava il titolare del Miur a reintrodurre le prove scritte alla maturità. La lettera venne scritta in pieno periodo covid, quando la scuola singhiozzava fra Dad e complicate lezioni in presenza, e di fatto rappresenta un appello allo Stato per salvare l’esame di quinta superiore. Il significato è ovviamente chiaro e palese: bisognava salvare la scuola dopo un periodo nero, forse il più basso dell’epoca moderna, di conseguenza si è deciso di appellarsi al ministro Bianchi.
Ma vediamo nel dettaglio la lettera, che inizia così: “Signor Ministro, Le scriviamo allo scopo di manifestare il nostro allarme per le molte voci che Le attribuiscono la volontà di amputare l’esame di maturità delle prove scritte, che ne sono da sempre il centro e la sostanza”. E ancora: “Non intendiamo eccepire sulle sospensioni della normalità che la situazione sanitaria ha reso necessarie in passato e forse renderà necessarie in futuro. Temiamo invece che il virus possa diventare il pretesto per trasformare una scelta emergenziale in una prassi corrente, e per dismettere con fretta temeraria conquiste e principi che appartengono non meno alla comune civiltà che alla scuola in senso stretto”.
LETTERA AL MINISTRO BIANCHI SUL COVID: “L’APPELLO DI ALCUNI STUDENTI…”
Gli accademici sottolineano come la scelta dell’epoca venne dettata dagli studenti, dopo una raccolta firme: “Gli studenti, i giovani, parlano anche di ecologia, diritti, parità, moralità della politica, in genere senza trovare ascolto – facevano notare – in questo caso invece l’ascolto è stato ampio e immediato. L’appello di alcuni studenti è diventato l’appello degli studenti, e la difesa delle prove scritte, già intrapresa da insigni intellettuali e uomini di scienza, è stata fatta grottescamente passare per un’iniziativa di contrasto e di rimprovero, quando non come una forma di insensibilità misoneistica e miope. Come non avrebbe senso indire un referendum sul quesito se abrogare le tasse, o la scuola-guida, così non ha senso consultare un imprecisato numero di studenti per chiedere loro se abrogare una o più prove d’esame”.
Il mondo culturale e accademico intendeva con la lettere difendere “l’assoluta indispensabilità delle varie prove scritte previste per i diversi ordini di scuole”, paragonandola al “dimostrare una verità autoevidente. La verifica della acquisita maturità e delle acquisite conoscenze (storiche, filosofiche, linguistiche, scientifiche) può avvenire unicamente attraverso un elaborato effettivamente autentico. Il cui vantaggio diagnostico consiste nel dimostrare l’ordine mentale oltre che la perizia lessicale e le competenze nel merito”. A firmare la lettera degli accademici sul covid furono di preciso: Luciano Canfora, Fabio Canessa, Federico Condello,Giuseppe D’Alessio, Mariella De Simone, Walter Lapini, Paola Mastrocola, Gianfranco Mosconi, Ilaria Rizzini, Pietro Rosa, Mauro Tulli.