La mamma di una delle due bimbe vittime di violenza sessuale in quel di Caivano la scorsa estate, ha scritto una lettera a Papa Francesco, chiedendogli aiuto: “Mi affido alle sue mani e alla Sua Volontà. Chiedo aiuto per tutelare il diritto agli affetti e all’amore che lega una madre ai figli indipendentemente dalla povertà e dalle difficoltà di vita”, questa la conclusione dell’appello che la donna, come si legge sul sito dell’agenzia di stampa Ansa, ha rivolto al Santo Padre, un’accorata lettera attraverso cui ha ripercorso la sua vita complicata. “Santo Padre, sono la mamma di una delle due bimbe coinvolte negli stupri di Caivano – le prime parole – lei potrà immaginare quanto tutto quello che è successo è stato devastante anche per me e per gli altri miei figli di cui mi hanno lasciato solo quello appena maggiorenne. Mia figlia si trova ora in una casa-famiglia da circa tre mesi. Il Tribunale, forse per il clamore mediatico che è seguito a questa orribile vicenda, ha però stabilito che anche gli altri miei due figli fossero collocati in una casa-famiglia. Ma non solo”.



La donna ha quindi sottolineato come sia stato disposto il blocco totale dei contatti, sia telefonici quanto fisici con i suoi figli, poi aggiunge: “Ho avuto un matrimonio sbagliato. Ho subito le angherie e lo sfruttamento di mio marito nella consapevolezza che non potevo andare da nessuna parte con scarsa istruzione e senza un lavoro, senza neanche avere o sapere a chi poter chiedere aiuto. La disperazione non la si può spiegare a chi non l’ha provata. Vivere in un contesto sociale dal quale sai di non poter andare via e che non ti concede alternative è difficile da comprendere per chi non ne fa parte. Per dimenticare le pene nell’ultimo periodo mi ero rifugiata nell’alcol e me ne pento tanto, ora che fortunatamente ho avuto la forza di reagire. Ma non avevo davvero nulla altro per poter sopportare il degrado del luogo e la grettezza delle persone”. Poi si domanda: “Anche una madre detenuta può vedere i propri figli. Ed io non ho nemmeno avuto mai una denuncia. In che modo la telefonata o l’abbraccio di una mamma può fare un danno ad un figlio?”.



LETTERA AL PAPA DI MAMMA DI CAIVANO: “NON BEVO PIU’, MI SONO ALLONTANATA DALL’INFERNO”

La donna si lamenta anche con le istituzioni (“Si sono girate dall’altra parte, mai una parola di conforto, mai un abbraccio, nessun aiuto nonostante le mie richieste”), per poi aggiungere: “Non bevo più e sono fuori e mi sono allontanata da quell’inferno. Sono indirettamente vittima delle violenze fisiche fatte a mia figlia e al contempo oggi sono vittima di un sistema giudiziario che senza pensare anche ai miei bisogni umani e di madre, e mi impedisce finanche di telefonare ai miei bambini”. La madre della bimba vittima di stupro a Caivano si domanda cosa “Ci sia di cristiano in questo forzoso allontanamento da loro. Anche una madre detenuta può vedere i propri figli. Esistono procedure e modalità protette o assistite ma è disumano quanto imposto a me. Ed io non ho nemmeno avuto mai una denuncia. In che modo la telefonata o l’abbraccio di una mamma può fare un danno ad un figlio? Quanto devo pagare la mia sfortuna pur non avendo commesso, anche secondo la Giustizia, alcun reato?”.



La madre ferita scrive infine di avere fede, ma di stare vacillando: “Desidero parlare e vedere i miei figli. Se qualcuno un giorno deciderà che ho colpe e che devo pagarle sono pronta. Ho già pagato vedendo la mia bambina violentata. Ma non voglio che paghino anche i miei figli. Perché non riesco ad immaginare che anche questo possa essere buono. Santo Padre mi aiuti. Mi affido alle sue mani ed alla Sua Volontà. Chiedo aiuto per tutelare il diritto agli affetti e all’amore che lega una madre ai figli indipendentemente dalla povertà e/o dalle difficoltà di vita”.