Caro direttore,
la recente crisi di governo, prassi normale nelle democrazie, è figlia di un compromesso politico unitario creato da Matteo Renzi nel 2021, basato sul “curriculum” di Mario Draghi nel ruolo di garante che i partiti hanno dovuto accettare come premier.
Cosa non ha funzionato? Draghi ha provato a giocare per l’Italia a modo suo, ma alla fine si è scontrato con i partiti. Alla Bce era abituato a parlare ad un Cda, un po’ tutta la sua carriera lo ha visto porsi come persona che detta le regole. In politica però sappiamo che così non funziona e infatti Giuseppe Conte ha fatto leva su questo aspetto, portando Draghi al punto di rottura con una mossa “alla Renzi”.
La Ue ha prontamente fatto capire di essere preoccupata: il rischio di perdere il controllo sulla terza economia europea è inconcepibile per Bruxelles. Lo stesso Draghi in Europa non è sempre stato ben visto: certe esternazioni (sullo spread ad esempio) ai falchi di Bruxelles non sono piaciute e l’ex banchiere quando era a capo della Bce è stato talvolta visto come una spina nel fianco. Draghi nel 2012 salvò l’euro, ma fin dalla lettera del 2011 di fatto legò a doppia mandata l’Italia all’Europa con un fitto prontuario di “riforme strutturali”, da ultimo sigillato con l’inserimento del pareggio di bilancio in Costituzione.
L’Europa segue la filosofia tedesca del debito (anche se poi la Germania si autotutela con leggi proprie) che mira a controllare gli Stati a economia flessibile come quelli mediterranei. L’Italia non ha potuto risanarsi a causa del patto di bilancio, mentre la Francia lo ha sforato più volte. La Germania copriva il caso Wirecard e finanziava le sue banche e le sue imprese a noi veniva imposto un regime economico a danno della nostra manifattura, che non piace ai tedeschi perché concorrente di quella cinese. Tutto questo mentre la stessa Germania ha salvato con soldi pubblici le aziende energetiche, in gravissima crisi a causa della guerra in Ucraina.
E ora la Germania, in forte difficoltà a causa della possibile riduzione di gas dal Nord Stream 1, tenta di imporre un razionamento anche a chi, come l’Italia, non ne avrà necessità. Questo perché agli attuali ritmi Francia ed Italia supererebbero Berlino.
Tutto ciò in Italia non è raccontato, anzi si spaventano i cittadini alludendo a un possibile default sistemico in caso di elezioni. Ma credere che la settima economia mondiale collassi a causa di un cambio di governo è prendere in giro gli italiani.
L’Italia in Europa deve continuamente difendersi e non trova sponda nei politici interni agli apparati europei, Gentiloni in primis. Molti dei nostri politici antepongono l’interesse europeo a quello nazionale e lo vediamo con il gas: abbiamo in mano la rete spagnola con Snam e siamo hub europeo di smistamento, ma non imponiamo alcuna condizione e lasciamo fare ai Paesi Bassi, che fanno il gioco tedesco sul debito e applicano poi un extra profitto sul gas da rivendere in Ue a prezzi più alti. Basti pensare che Amsterdam detiene il debito privato più alto d’Europa, tollerato nonostante sia un importante fattore di crisi.
Con la guerra energetica in corso il problema è geopolitico, e votare a settembre non cambierà gli equilibri. Del tutto diverso è arrivare alle urne con una visione strategica ed economica almeno triennale, di cui al momento si sente tutta la necessità. I partiti lo sanno?
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