Caro direttore,
ho apprezzato l’editoriale del 9 maggio scritto da Luca Farè intitolato I tre pilastri della crescita. Proprio perché le argomentazioni sono molto interessanti volevo fare qualche osservazione.
Penso che la contrapposizione “decrescita felice o crescita”, subito presentata nel sottotitolo, a volte rischia di diventare uno slogan che non permette di approfondire la situazione in cui siamo.
Senz’altro la crescita corrisponde in modo vero a una misura non limitata quale quella che introduce il desiderio dell’uomo. Spesso, però, dobbiamo riscontrare un sistema economico – globale e di lunga data – che non produce crescita, ma impone una crescita smodata per non crollare su se stesso. Si tratta cioè di un sistema e di sistemi che “vendono futuro”, nel senso che, non poggiando su solide premesse, vivono di illusioni future.
Faccio un esempio: nell’Italia del dopoguerra la costruzione o l’acquisto della propria casa era il frutto di un’operazione di risparmio a cui, nella giusta misura, si accompagnava un oculato aiuto del credito bancario. Invece nella crisi dei mutui Subprime del 2008 si è visto all’opera un sistema che prometteva finanziamenti facili, creando circuiti viziosi di finanziamento, con una logica da schema di Ponzi (diremmo catena di Sant’Antonio in Italia), che poteva stare in piedi solo in una vorticosa crescita infinita. Quando sistemi così vanno in crisi, e la crisi arriva sempre in questi casi, i danni sono notevoli. Abbiamo visto qualcosa di simile con gli incentivi del famoso Superbonus 110% e ora ne vediamo gli effetti, anzi: cominciamo a vederli.
Dunque un conto è la crescita, un conto è un sistema che senza una crescita drogata non sta in piedi. Anche lo sfruttamento del pianeta è in qualche modo influenzato da ciò. Se l’economia si regge solo su tassi di sviluppo non legati a reali bisogni ma a circuiti autodrogantisi, il depredare le risorse della terra è praticamente inevitabile.
Tutto ciò è tipicamente legato a una gestione monetaria che a volte rischia di favorire i malinvestimenti e che, invece che sovvenire, impoverisce le società e, alla fine, il popolo.
Se non ci si accorge che esiste un rischio di favorire un richiamo a una crescita non equilibrata, pompata ad arte, si può finire preda degli inganni di una certa ideologia del progresso. Spesso i richiami a incentivare i consumi ricadono in questo errore.
Sono comunque più che certo che i pilastri proposti da Luca Farè conducano senz’altro a una crescita sana, corretta e indispensabile. Ne sono la base solida.
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