Caro direttore,
mi chiamo Jacopo Merani e sono detenuto nella casa di reclusione di Padova.

Per il suo portale in passato ho scritto diverse volte, l’ultima a settembre dell’anno scorso. Quest’anno le scrivo in quanto la situazione a causa del Covid-19 è ancor più critica dell’anno passato.

È vero, fuori dal carcere non si sta meglio e da quel che posso vedere dal telegiornale la situazione è critica e questo mi rattrista moltissimo. Ma se anche può sembrare da egoisti, quello che più mi rattrista è vedere collassare il mio mondo, quello del carcere di Padova.



Mi giro attorno e sa cosa vedo? La più totale disperazione. Persone detenute che da più di un anno non vedono i propri cari, genitori che non possono abbracciare i propri figli e figli reclusi che non possono abbracciare i loro genitori.

Sembrava assurda e disumana già l’idea di vedere i loro occhi attraverso un vetro di plexiglas, ma non poter fare neanche quello è ancor più disumano.



Qualsiasi attività interna è bloccata, realtà indispensabili per noi come la Cooperativa Giotto che dà lavoro a quasi duecento detenuti, Ristretti Orizzonti che permette di fare sentire la nostra voce al di fuori di queste mura e la Chiesa.

Tutto tace e niente si muove, l’amministrazione penitenziaria fa quello che può, ma anche loro sono al collasso: agenti di polizia positivi al Covid, norme interne e esterne che cambiano in continuazione e colori che mutano di sfumature neanche fossero un arcobaleno dopo la pioggia. Purtroppo al momento qui non c’è nessun arcobaleno, soltanto pioggia, ma non quella che rinfresca, che permette al terreno di dare frutti migliori, ma bensì di quelle acide che bruciano la terra.



Al momento non c’è nessun piano, i vaccini sembrano essere l’ennesima utopia irrealizzabile e le responsabilità sono solo tantissimi barili che si scaricano da sinistra a destra e da destra a sinistra.

Nella mia testa c’è una domanda che continua a scavare come un tarlo e vorrei porla a lei: se una realtà già poco nota e chiacchierata come quella del carcere, che tra mille difficoltà e sacrifici da parte di detenuti, direzione, agenti, volontari e cooperative esterne, si bloccasse, o meglio se implodesse in se stessa, che contributo porterebbe a una società già alquanto dilaniata da una tale emergenza come in questo periodo?

Domenica è la Santissima Pasqua e la cosa che più di tutte toglie gioia al mio cuore è che sarà una domenica senza Messa, senza la Parola del Signore e nessun Corpo da far nostro. Non vorrei essere blasfemo, ma più che un giorno di Risurrezione, a me sembra un periodo di distruzione ed è proprio per questo che a nome di tutto il carcere di Padova e degli altri carceri d’Italia chiedo a lei e al suo giornale di fare in modo che la nostra voce non venga dimenticata. “Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati; io non sono venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori perché si convertano” (Luca 5:27-32)

Con questa mia lettera, colgo l’occasione di fare tantissimi Auguri di una serena e felice Pasqua a lei e tutti i suoi lettori. Cordiali e distinti saluti

Jacopo Merani

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