Caro direttore,
mi permetto di disturbare con questo aggiornamento sulla Birmania (Myanmar) . È composto da due parti: la prima riguarda la situazione del Paese, la seconda tenta una riflessione geopolitica più ampia, perché senza una visione globale non si va da nessuna parte. Incominciamo con la prima. La situazione del Paese non è cambiata. I militari operano con armi pesanti mentre la resistenza con armi leggere. La violenza degli scontri rimane altissima. Mi permetto, a futura memoria, di ricordare il recente massacro nel villaggio di Mung Lay Hkyat nello stato Shan dove sono morte nel bombardamento 29 persone tra cui bambini. Il tutto è avvenuto con attacchi aerei nell’intento di colpire il KIA (Esercito per l’Indipendenza dei Kachin).
Da un punto di vista economico direi che il governo birmano è “alla canna del gas”. Le imprese occidentali, che avevano delocalizzato in Birmania le produzioni tessili per i bassi costi, fuggono o se ne sono già andate, per non essere accusate di collusione e finanziamento al regime. Esito: i già bassi stipendi ora sono azzerati. Il mercato turistico è fermo. Un occidentale, dotato di normale buon senso, verrebbe mai a visitare un Paese in guerra con il rischio di saltare su una mina? I pochi turisti arrivano dalla Cina, India e Russia a prezzi stracciati. Ma poi, sono davvero turisti?
Il sistema sanitario è collassato. Lodevoli tentativi, da parte di varie ong, di inviare farmaci a favore della Caritas o di organismi Onu sono naufragati per l’impossibilità di garantire la consegna ai reali destinatari. Il sistema scolastico è fermo. Tutti i ragazzi sopra i 16 anni sono spariti: si sono arruolati nella Resistenza. La situazione alimentare è disastrosa: questo in un Paese che non ha mai – ripeto, mai – sofferto la fame. Anche nei tempi peggiori si facevano tre raccolti di riso in un anno (certo non il riso italiano!). L’unica cosa che regge è la carità: operata dai cristiani e buddisti. Per quanto e come possono. Non posso però fare a meno di menzionare un fatto, di per sé marginale ma indicativo. Mentre le chiese cattoliche e protestanti vengono bombardate, mentre i loro ministri e fedeli sono sottoposti a violenze, il governo ha donato alla Chiesa Ortodossa Russa un terreno per edificare la loro chiesa (evidente lo scopo di ingraziarsi Putin). Mi pare che non ci siano molti commenti da fare. Dopo questo breve resoconto parliamo dei “massimi sistemi”.
Come ebbi a dire in tempi non sospetti: nel periodo del Covid – quando l’attenzione mediatica occidentale era concentrata su quel tema – il golpe birmano ha dato il via a una serie di operazioni simili in tutto il mondo. Pensate a quanti golpe sono avvenuti in Africa (by Russia e Cina) e passati sotto silenzio. A ciò si aggiungano i macro-eventi di Afghanistan, Ucraina e ora Israele-Palestina-Medio Oriente, che hanno fatto dimenticare il nostro dramma. Ma c’è di più. Il conflitto palestinese è il nostro de profundis. Prima avevamo la speranza che gli Usa ritenessero la Birmania il Paese strategico per impedire alla Cina di accedere all’Oceano Indiano senza passare con le loro navi attraverso lo stretto di Malacca (controllato dagli Usa). Da qui la speranza di essere aiutati dall’Occidente con un’azione diplomatica rilevante a restaurare la democrazia, a fronte della violenza dei militari. Ora questa speranza è tramontata. L’appoggio cinese per risolvere la questione mediorientale è diventato essenziale e uno dei prezzi da pagare probabilmente è il nostro Paese.
Un tempo, Kipling romanzava (Kim) sul “Grande Gioco” che coinvolgeva l’Impero britannico e la Russia zarista: l’oggetto era l’Afghanistan (accesso ai mari caldi per la Russia) ora la partita è tra Occidente (Usa ed Europa) ed Oriente (Cina e Russia). Come allora, il tema oggi è lo stesso: le vie di comunicazione. Insomma, nel mondo c’è un rimescolamento delle carte perché laddove c’è un vuoto, qualcuno occupa quel posto. Di fronte all’assenza di proposte europee ed americane sono nate le iniziative cinesi e russe in politica estera nei vari Paesi asiatici e africani. I russi con il sostegno militare, i cinesi con la costruzione di infrastrutture. Circa il loro buon esito per la popolazione, ne possiamo discutere fino a domani ma il punto è che c’era un vuoto.
Alcune considerazioni finali: la storia si ripete, ha delle regolarità ma non è detto che l’esito sia lo stesso, e la potenza demografica ora ha un aspetto moltiplicatore dato dalla tecnologia: lo stesso dicasi sulla potenza economica. La scelta del WTO, dopo il crollo del muro di Berlino, di aprire tutti i mercati a tutto il mondo è stata ideologica e suicida. Nel nome dell’ideologia del libero scambio ci si è illusi che l’Occidente potesse esportare i suoi prodotti in tutto il mondo. Il tutto veniva dipinto come la nuova “età dell’oro”. È avvenuto il contrario: i cinesi hanno copiato i brevetti e la vendita dei prodotti orientali è avvenuta e avviene per loro canali, costringendo le aziende europee a competere con prodotti a prezzi risibili ma di bassa qualità. Esito: si è consegnato il mondo alla Cina, eleggendola come “fabbrica del mondo”, non comprendendo che questo equivaleva a consegnare le chiavi della “Sala del Regno” a Pechino: nel periodo Covid non avevamo neanche più un produttore di mascherine!
Mio nonno era un contadino, ma non ha mai affidato a un unico commerciante i prodotti della sua piccola fattoria. Sorge una domanda: ma possibile che l’Occidente (in particolare gli Usa) non abbiano più azzeccato una scelta di politica estera dopo il Piano Marshall? Ultimo dato: il figlio di Aung San Suu Kyi ha lanciato un appello al mondo per la liberazione della madre. Ne avete mai sentito parlare? Da Rangoon è tutto.
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