Egregio direttore,
la lunga intervista di Giuseppe Gagliano a Éric Dénécé pubblicata oggi su queste pagine solleva alcuni interrogativi. Lo studioso, politologo, nonché ex agente segreto francese ricostruisce la storia del conflitto tra Russia e Ucraina aderendo, di fatto, alla narrazione fatta dal Cremlino in questi anni. Nulla di nuovo rispetto a quanto già letto e udito, tanto che è proprio per puntualizzare le evidenti storture presenti in queste narrazioni che ho appena pubblicato La guerra tra Russia e Ucraina: le origini, le battaglie, la posta in gioco (Ares, 2024). Un testo al quale si rimanda per debunkare le ricostruzioni fatte in merito al patto (inesistente) tra Occidente e Unione Sovietica sull’allargamento della NATO (si sottolinea un evidente refuso nel testo in quanto tali presunti accordi erano del 1990 e non del 1997), sul rispetto degli accordi di Minsk, sulle proposte di Lavrov del dicembre 2021 tese a far ritirare la NATO dai Paesi dell’ex Patto di Varsavia.



Come al solito studiosi come Éric Dénécé sparano citazioni a raffica e, per ognuna di esse, bisogna spendere parecchio tempo e spazio per spiegare che sono basate sul nulla. Ma il pubblico, si sa, è generalmente allergico a studiare e preferisce alimentarsi di slogan, facile da ingerire e digerire. Interessante notare, comunque, come Éric Dénécé non faccia alcun riferimento al memorandum di Budapest del 1994 con cui la Russia si impegnava, per iscritto, in un documento diplomatico, a “di rispettare la sua indipendenza e sovranità (dell’Ucraina) così come le sue frontiere esistenti;  astenersi dal ricorrere alla minaccia o all’impiego della forza contro l’integrità territoriale o l’indipendenza politica dell’Ucraina; a non ricorrere a coercizione economica al fine di subordinare ai propri interessi l’esercizio, da parte dell’Ucraina, dei diritti inerenti alla propria sovranità e ricavarne un qualsiasi vantaggio”. Già questa omissione fa comprendere come le argomentazioni di Éric Dénécé siano vistosamente zoppe.



Ma c’è di più. Fra tante notizie vere, del tutto o parzialmente, nella guerra di propaganda (che, si faccia attenzione, crescerà sempre di più, in prossimità delle cruciali elezioni europee) bisogna inserire una polpetta avvelenata di un fatto totalmente inventato. Secondo Éric Dénécé “Il 17 febbraio 2022 Kiev lancia un’azione militare per riconquistare le repubbliche di Donetsk e Lugansk con il sostegno della NATO, ben sapendo che Mosca non può rimanere senza reagire. È l’innesco della crisi attuale. In questo modo i neoconservatori americani hanno teso una trappola machiavellica ai russi: rendere insopportabile per la Russia la pressione sul Donbass per costringerla a intervenire militarmente in Ucraina, minare la sua credibilità internazionale e tagliarla fuori dall’Europa occidentale”.



Al che, trattandosi di fatti risalenti a due anni fa (che nella memoria collettiva hanno lo stesso peso del trattato di Westfalia del 1648) il lettore abbocca volentieri. Il problema è che non ci fu nessuna offensiva ucraina contro il Donbass il 17 febbraio 2022. La riprova? La lettura degli articoli di Analisi Difesa, diretto da Gianandrea Gaiani, che, certamente, non può essere definito come sostenitore della NATO (Articoli: Crisi ucraina: serve un’Europa unita nelle sfide sulla sicurezza, 17 febbraio 2022; La crisi ucraina tra “drôle de guerre” e gas, 18 febbraio 2022; Nella crisi ucraina Italia e Ue puntano sul rilancio degli accordi di Minsk e Helsinki, 19 febbraio 2022).

Ma la cosa più amaramente divertente è che lo stesso Dénécé in un suo articolo del febbraio 2022 (privo di data ma aggiornato con le notizie al 19 febbraio) non fa alcun cenno a tale offensiva. Vi erano colpi di mortaio dall’una e dall’altra parte, ma nessuna offensiva ucraina. E, d’altra parte, se l’obbiettivo di Putin era quello di proteggere le repubbliche del Donbass cosa ci facevano i paracadutisti russi all’aeroporto di Kiev il 22 febbraio? E quella colonna di mezzi blindati lunga 60 chilometri diretta a Kiev dove andava? Alla Gardaland ucraina?

In realtà Éric Dénécé viene definito da un sito ucraino come uno “shady horse” della propaganda russa, “un cavallo losco”, un portavoce del Cremlino. Ma questa, si dirà, giustamente, è contropropaganda ucraina e va presa con le pinzette. Più interessante è il ritratto su Wikipedia. Prescindendo dal suo ruolo nei servizi segreti Éric Dénécé e il suo Centre français de recherche sur le renseignement (CF2R) sono stati definiti più volte come cospirazionisti e portavoce della propaganda russa e sostenitori dell’estrema destra mentre Le canard Enchainé lo definisce “l’utile idiota di Putin” (En France aussi, Poutine a ses “idiots utiles”, Le Canard Enchainé, 14 settembre 2022)

Calunnie? Tali accuse sono state respinte da Dénécé, ma sta di fatto che viene regolarmente invitato su siti di estrema destra francese nonché su Russia Today oltre che “Dialogo franco russo”, associazione fondata nel 2004 e descritta come organizzazione di lobbying pro Cremlino. Dopo di che, ognuno può pensare che chiunque è libero di svolgere la propria attività professionale con la qualunque, ma resta comunque il fatto che Dénécé ha negato ogni responsabilità russa nell’eccidio di Bucha.

Ora si dirà che l’Italia è un paese libero ed è giusto così, mentre in Russia chi critica, anche fondatamente l’operazione militare speciale si può beccare anche 22 anni di carcere come accaduto nel 2022 a Ivan Safronov. La sua colpa? Spionaggio. In realtà Safronov aveva usato fonti aperte per criticare la guerra. La differenza, cari lettori, è tutta qui. Per cui è giusto leggere Dénécé come qualsiasi altro complottista e parafascista ma con l’avvertenza “Nuoce gravemente alla salute” come stampato sui pacchetti di sigarette.