Una ripartenza, una nuova fase, non un Draghi bis in senso stretto, ma certo bisogna ingranare una marcia in più: è questo il centro del dibattito politico dopo la rielezione di Sergio Mattarella, mentre la situazione economica si fa allarmante, il servizio studi della Confindustria denuncia un calo della produzione industriale che va avanti già da un paio di mesi e le istituzioni internazionali ridimensionano le previsioni di crescita in quest’anno cruciale per “mettere a terra” il Pnrr. Che cosa direbbe, in questo scenario, Mario Draghi se fosse ancora presidente della Bce a Mario Draghi presidente del Consiglio dei ministri? Abbiamo ripescato la fatidica lettera del 5 agosto 2011 e, pur con tutti gli aggiornamenti del caso, abbiamo trovato un nocciolo ancora valido; così, abbiamo seguito lo stile e i contenuti di quella missiva, in molti passaggi persino parola per parola. Ed ecco qua Draghi contro Draghi, la nostra “lettera impossibile” che forse è quel che Draghi pensa in cuor suo e non osa dire, non ancora.



“Caro Primo Ministro, il Consiglio direttivo della Banca centrale europea ha discusso la situazione nei mercati alla luce del nuovo scenario economico europeo e internazionale, esprimendo preoccupazione per l’impatto che potranno avere l’inflazione e una politica monetaria orientata verso un graduale ritorno alla normalità, sui Paesi a più alto debito pubblico e a bassa crescita di medio periodo. Il Consiglio direttivo ha anche valutato i segnali provenienti dal mercato finanziario il quale ritiene che l’Italia sia il Paese potenzialmente più esposto tanto che lo spread tra titoli si stato decennali italiani e tedeschi è tornato a salire. Prima che le difficoltà attuali possano mettere in discussione la tenuta finanziaria e l’attuazione del Piano nazionale di ripresa e di resilienza, il Consiglio direttivo ha deciso di manifestarle in via riservata la convinzione che sia necessaria un’azione pressante da parte delle autorità italiane per ristabilire la fiducia degli investitori e per onorare in pieno la loro individuale firma sovrana e tutti gli impegni per condizioni di bilancio sostenibili e per le riforme strutturali, alla luce degli impegni assunti nell’ambito del Next Generation Eu.



Il debito pubblico è cresciuto anche per far fronte alla pandemia, le misure di sostegno hanno fornito la cornice per assicurare una pronta ripresa economica, più rapida del previsto e più robusta che in altri paesi dell’area euro. Tuttavia l’Italia non ha ancora recuperato la perdita di prodotto lordo avvenuta nel 2020. Inoltre, prevale la spesa assistenziale, mentre ristagna quella per investimenti. È necessario che l’Italia riduca l’indebitamento pubblico sia assicurando un tasso di crescita nel prossimo triennio superiore alla media del triennio precedente la pandemia, sia con interventi dal lato della spesa pubblica e delle entrate volti ad aumentare il potenziale di crescita.



Alcune decisioni recenti prese dal Governo vanno in questa direzione; altre misure sono in discussione con le parti sociali. Tuttavia, occorre fare di più. Le sfide principali sono l’aumento della concorrenza, particolarmente nei servizi, il miglioramento della qualità dei servizi pubblici e il ridisegno di sistemi regolatori e fiscali che siano più adatti a sostenere la competitività delle imprese e l’efficienza del mercato del lavoro.

È necessario che una complessiva, radicale e credibile strategia di riforme, includa la piena liberalizzazione dei servizi pubblici locali e dei servizi professionali. Questo dovrebbe applicarsi in particolare alla fornitura di servizi locali attraverso privatizzazioni su larga scala. C’è anche l’esigenza di riformare ulteriormente il sistema di contrattazione salariale collettiva, permettendo accordi al livello d’impresa in modo da ritagliare i salari e le condizioni di lavoro alle esigenze specifiche delle aziende e rendendo questi accordi più rilevanti rispetto ad altri livelli di negoziazione. Le norme che regolano l’assunzione e il licenziamento dei dipendenti sono state modificate, tuttavia occorre stabilire un sistema di assicurazione dalla disoccupazione e un insieme di politiche attive per il mercato del lavoro che siano in grado di facilitare la riallocazione delle risorse verso le aziende e verso i settori più competitivi. Strozzature dal lato dell’offerta si manifestano sul mercato del lavoro in settori cruciali dell’industria e dei servizi e ciò richiede interventi urgenti.

Le tensioni sul mercato energetico e in particolare sul gas del quale l’Italia è fortemente dipendente, richiedono di compiere scelte immediate senza attendere i tempi della transizione energetica, in sintonia con gli orientamenti espressi dalla Unione europea in particolare sull’uso del metano e del nucleare. L’Italia non può rischiare una scarsità di fonti, mentre un prezzo troppo alto può diventare il più immediato pericolo per la ripresa economica che già in questi mesi sta manifestando segni chiari di rallentamento. 

Infine, anche se in parte esula dalle competenze della Banca centrale europea, il Consiglio direttivo ha espresso la sua preoccupazione per i tempi, i modi, i contenuti del programma di riforme che rappresenta l’architrave del Pnrr. In particolare, resta ancora incerto l’impianto (e con esso il costo) della riforma fiscale; la riforma della giustizia non sembra sufficiente a rendere l’Italia uno spazio favorevole allo sviluppo e il rinvio sulle norme per la concorrenza dimostra la difficoltà del paese a superare un atteggiamento che tende a favorire comportamenti monopolistici e rendite di posizione.

Confidiamo che il Governo assumerà le azioni appropriate.

Con la migliore considerazione,

Mario Draghi, Ignazio Visco”.

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