Adesso però, Filippo, non firmare lo stesso errore che fu di Giuda. È vero: quello che tu hai fatto è vigliacco, esecrabile, non ha e non potrà mai aver giustificazione. Tu, però, non sei un mostro: hai compiuto un’azione mostruosa, ma rimani comunque più grande dell’errore e del peccato che hai commesso. La tentazione, adesso, è di ripetere il peccato d’orgoglio che fu di nostro fratello Giuda: “Ho commesso un peccato così grande che manco la misericordia di Dio potrà perdonarmi”. Pensava, Giuda, d’essere riuscito a sconfiggere il bene con il suo male: sbagliò la misura e chiuse le porte della sua vita con le sue stesse mani. Tu, se puoi, non farlo: “Vivrò la mia intera vita in carcere, adesso”, hai scritto ai tuoi genitori dalla Germania, quando ti hanno arrestato. Hai tentato pure tu quello che fu l’escamotage di Giuda – il suicidio – senza riuscirci: “Ero così merda che manco la morte mi ha voluto” ha scritto un giorno un ragazzo che ha percorso la tua stessa strada. Che fare, allora, arrivati fino a qui? “La morte/ si sconta/ vivendo” scrisse Ungaretti.



Il mondo la sua risposta ce l’ha già, dal giorno in cui hai ucciso Giulia: “Lui deve morire!” urlano in tantissimi. Si sono sgolati nel ripetere la litania: “Pena di morte, sedia elettrica, ergastolo”. In realtà la pena più sfiancante te la sei data da te, l’hai intuita appena fermato: “Trascorrerò la maggior parte della mia vita, le fasi migliori della vita, all’interno di una piccola stanza da solo. La solitudine e la tristezza prevarranno sulle mie giornate. Vedrò perdere i capelli all’interno del carcere”. Mi ha molto colpito, poi, la consapevolezza che hai dimostrato ancor prima di essere estradato in Italia: quella di chi sa che un suo gesto contribuisce ad abbruttire il mondo intero, perché nessun uomo è un’isola. L’hai scritto di tuo pugno: “Ho peggiorato il mondo in qualche modo”.



Certo che l’hai peggiorato: spargendo sangue, rubando il sorriso di Giulia che ti aveva fatto battere il cuore, aizzando la rabbia cieca del popolo. Crocifiggendo la tua famiglia che, da quella notte, ha perso nome, cognome, identità: la famiglia dell’assassino, la mamma dell’assassino, il papà dell’assassino, il fratello dell’assassino. La casa, il paese, la scuola dell’assassino. Una devastazione totale che solo le notti di galera sono in grado di riportarti con la giusta intensità e il giusto dramma. Notti maledette.

Col cuore disperato scrivi che “non esiste perdono o qualcosa del genere per questo e io non lo voglio, non lo merito”. E se il buon Dio, proprio laddove non te l’aspetteresti e nessuno se l’aspetterebbe, ti desse appuntamento? Tu, che fai? Un giorno, se c’incontreremo nel nostro carcere di Padova, ti regalerò il libro che sta cambiando la vita di tanti ragazzi qui dentro. Un libro maledetto nel tempo della scuola – I promessi sposi –, un libro ch’è una carezza quando vien giù il mondo. L’Innominato è qui che aspetta anche te: lui è un essere bastardo, abominevole, cupo, irrazionale, maledetto. Un giorno il cuore gli va in tilt, anche lui per una ragazza bellissima: Lucia. Ha fatto di tutto perché diventasse sua, l’ha sequestrata, è in mano sua. Un giorno incontra sulla sua strada un uomo di Dio: il cardinale Borromeo. Lo vuole trovare, vuol parlargli, il cardinale gli chiede: “Voi avete una buona notizia da darmi e me la fate tanto sospirare?”. “Una buona notizia io – reagisce l’Innominato –: ho l’inferno nel cuore: qual’è questa buona notizia che vi aspettate da me?”. La risposta del cardinale: “Che Dio v’ha toccato il cuore e vuol farvi suo” (A. Manzoni, I promessi sposi).



Eccolo l’amore ai tempi della galera, Filippo: la giustizia ti dirà quanti anni dovrai scontare (la pena), lo Stato ti dirà dove dovrai scontarli (il carcere), ma sarai tu a decidere “come” vivere questi anni. Se li vivrai da protagonista, non mi stupirei che anche dal tuo male Dio riuscisse a far sbocciare un gioiello. Sai, Pippo, qui in carcere da noi sono in tanti, purtroppo, ad aver commesso ciò che hai commesso tu. In tanti avevano detto: “Sarà impossibile ritornare a vivere”. Di quei tanti, in tanti si stanno ricredendo: l’impossibile degli uomini per Dio è sempre un’occasione.

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