Caro direttore,
seguendo da vicino la trattativa per l’alleanza tra la federazione di Azione/+Europa e Partito democratico mi sono fatto un’idea precisa sulla ragione per cui il principale regista dell’accordo, cioè Carlo Calenda, ha deciso di entrare in questa trattativa. Grossomodo il tema mi pare questo, smentitemi se mi trovate in fallo: le elezioni a cui andiamo incontro sono uno snodo cruciale della storia del nostro paese, per la congiuntura storica in cui ci troviamo. Potremmo identificare tre macro temi su cui si dovrà in un modo o nell’altro prendere posizione:



1) Completamento del Pnrr e futuro dell’Ue. C’è un grosso piano di riforme da portare a termine e l’Ue post Merkel è decisamente più debole, non ci possiamo permettere un’Italia che si chiami fuori dal progetto europeo che certo va in qualche modo riformato;

2) Russia putiniana e guerra d’Ucraina. La situazione nel paese candidato membro dell’Ue non accenna a terminare in tempi brevi, questo è drammatico per i nostri fratelli ucraini e contribuisce a destabilizzare l’economia già piegata dalla crisi inflattiva post-pandemica;



3) La cina imperialcomunista di Xi. Il dragone lentamente avanza con l’obiettivo di scalzare il mondo occidentale dalla sua posizione di leadership planetaria, proponendo un modello alternativo di armonia e prosperità col sacrificio delle nostre libertà individuali, vedasi Taiwan e Hong Kong (e Uiguri e Tibet, ecc…).

Per queste sfide globali e tutte le altre sfide particolari italiane, l’unico governo in grado di mantenere l’Italia in una posizione, usiamo delle etichette per intenderci, europeiste, atlantiste e occidentali è un governo in cui non siano presenti i seguenti partiti: M5s, Lega e Fratelli d’Italia. Credo sino ad ora di non aver detto nulla di opinabile, se non che europeismo e atlantismo siano valori da difendere a tutti i costi. Se il lettore non concorda, purtroppo questo articolo non è rivolto a lui, sarà per un’altra volta.



Il contesto del voto poi è caratterizzato dalla legge elettorale parecchio strana, che forza un bipolarismo in un sistema culturale che è sempre stato molto più ricco nell’offerta di quello, ad esempio, americano, dove l’offerta politica da un centinaio di anni a questa parte ha sempre saputo tradursi in un sistema bipolare di fatto.

Ora, per realizzare un tale progetto politico il partito di Carlo Calenda ha a disposizione due opzioni:

1) farsi leader della galassia centrista sfuggita dall’orbita berlusconiana, realizzando il progetto di casiniana memoria del terzo polo, stavolta un polo più liberale e meno legato alla componente democristiana, ma comunque un polo elettorale centrista in grado di attrarre voti, si dice in giornalistese, moderati delusi, amareggiati e senza casa ecc.. ci siamo capiti, se ne parla dai tempi di Rocco Buttiglione, non serve spiegarsi. Qual è la prospettiva di questo progetto? Un ottimo posizionamento identitario, quindi un buon risultato elettorale (esageriamo? Con l’aiuto di san Gennaro 20%) che però con l’attuale legge elettorale significa non vincere in nessuna circoscrizione uninominale in favore della coalizione di destra/centrodestra e in ultima istanza, consegnare il paese nelle mani di Giorgia Meloni. Per alcuni non ci sarebbe nulla di male, sicuramente non fa parte delle aspirazioni di chi ancora sta leggendo il presente articolo. Se per qualche congiuntura astrologica imprevedibile la destra/centrodestra non andasse a vincere le elezioni, il terzo polo non potrebbe certo governare da sé stesso e andrebbe a formare un governo di coalizione col Pd. Possibilità di successo: 10%, se si vince con chi si fa il governo? Col Pd e Forza Italia + partitini vari se rinsaviscono;

2) seconda opzione: si va col Pd alle elezioni, si prendono meno voti, si mettono i propri voti nell’uninominale di centrosinistra, ci si contende il paese con la coalizione avversaria. Probabilità di successo? Facciamo 40%, se si vince con chi si fa il governo? Col Pd e Forza Italia + partitini vari se rinsaviscono.

Ora, l’agitazione della base di Azione è più che comprensibile. Il Partito democratico ha un sacco di problemi e una parte della colpa della situazione attuale potrebbe essere direttamente attribuita allo stesso Pd. Ammesso e concesso. Poi, la base di Azione, soprattutto quella potenziale, è tendenzialmente proveniente da aree che mai e poi mai in vita propria hanno votato per un partito appartenente alle varie coalizioni di centrosinistra e si trovano particolarmente in difficoltà, anche se il patto assicura sia una marginalizzazione degli estremisti insieme al fatto che nel concreto non ci saranno candidati uninominali sgraditi a nessuno. Ammesso e concesso. Infine, capisco perfettamente anche che si senta il rischio di vedere annacquati i propri valori direttamente in campagna elettorale con un’alleanza con il Pd, anche a fronte di un accordo programmatico tutto sommato accettabile. Ammesso e concesso.

Ma a questo punto io mi chiedo, quando si vota, come si decide? Perché, sì, se guardo alla mia identità culturale non posso votare un uninominale con candidato, che so, Majorino, ma se guardo al bene del paese posso farlo senza alcun problema, perché affermo la mia identità culturale molto di più sacrificando un pezzettino di essa per salvare il sistema in cui si trova. Abbiamo pensato per anni che: “tappatevi il naso, votate Dc” fosse una brutta cosa da prima repubblica. A me sembra uno slogan che contiene il più puro dei realismi. L’identità come la affermi di più? Un esempio concreto: se ami una persona, affermi di più l’amore per lei o per lui dicendo: “ti amo” o superando l’ostacolo di una brutta lite, mettendo da parte l’orgoglio? A me pare la seconda, e non mi sembra che il tema qui sia diverso.

Per cui a quelli che oggi mi hanno detto che quelli del Pd sono distanti da noi, dalla nostra storia, che “non ce la faccio”, io dico che non è che non sono d’accordo, ma mi sembra che la domanda non sia: “di che fazione sei” ma sia: “cosa pensi sia meglio per il paese, tenuto conto della situazione politica, della situazione storica, della situazione economica, della situazione culturale?”. Non cadiamo nel tranello dell’identità, perché la domanda sulla scheda non è quella. Questa volta, come tutte le altre volte, ma specialmente questa volta, c’è in gioco troppo. Vi prego, non facciamone una questione di fazioni.

Luigi Casella 

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