Caro direttore,
suona strano sentire taluni affermare che Putin è cambiato col tempo. Putin è sempre stato quello che è, un ex agente del Kgb, con un progetto ben preciso in testa.
Ha sempre desiderato annettere l’Ucraina, o, in seconda battuta (ma ci credo poco), renderla uno Stato vassallo. Sostiene di non accettare l’entrata di Kiev nella Nato, di reputarla una minaccia. In realtà, questo è solo un pretesto: ciò che Putin desidera veramente, a priori di qualsiasi altra considerazione, è non avere paesi liberi ai propri confini, specialmente se tali nazioni mostrano che delle ex repubbliche sovietiche possano diventare delle reali democrazie; soprattutto, aggiungo, se a mostrarlo è una realtà come quella ucraina che lui reputa sorella della Russia, anzi parte della Russia: a questo punto, infatti, come farebbe a sostenere che la democrazia è pensata più per i popoli smidollati dell’Occidente che per quelli orientali, e in particolare per il suo?
E così, non si capirebbe bene su quali parametri l’idea di potere di Putin si distingua in maniera netta, convincente, da quella dei neonazisti ucraini che dice di odiare.
Di solito le dittature si criticano da posizioni democratiche, non assolutiste, per risultare credibili, altrimenti è solo propaganda (settore peraltro in cui il Nostro si trova assolutamente a proprio agio). Agli amici comunisti che obietterebbero che un conto è essere nazisti e un conto essere comunisti – cosa peraltro discutibile sotto certi aspetti, a partire da quello storico – ricordo che Putin non vuole ripristinare il comunismo, o meglio, la dittatura comunista in Russia, neppure se riuscisse a riprendersi il suo “spazio vitale” tra le ex repubbliche sovietiche; formula hitleriana, quest’ultima, che, naturalmente, Putin non usa, ma che di fatto descriverebbe molto bene il suo tentativo di ampliare i confini attuali di Mosca ai danni dei vicini. Non la usa, la formula suddetta, da buon propagandista qual è, capace come è stato di farsi rispettare, e addirittura amare, da una grande quantità di occidentali, al punto che alcuni avevano sognato un uomo come lui a capo dei propri paesi democratici. Gente, evidentemente, bisognosa di idoli a cui guardare, perché se si fossero presi la briga di leggere solo un paio di libri sul presidente russo scritti da dissidenti di fama mondiale come l’ex campione del mondo di scacchi Kasparov o l’ex politico Boris Nemtsov, ucciso nel 2015 a Mosca, ebbene, forse avrebbero sviluppato un’idea più obiettiva su Putin.
Il quale, ricordiamocelo bene, non parla mai a caso.
Quando ci informa che per lui l’Ucraina fa parte della Russia sostiene qualcosa che ci dovrebbe far rabbrividire. È chiaro, infatti, che intende annetterla. Inoltre, ci dovrebbe far paura anche il solito, diabolico refrain, ossia quello sull’uso delle armi atomiche. Faccio un passo indietro: io non sono in grado di capire, dall’Italia dove mi trovo, quale sia l’attuale posizione di Putin all’interno del Cremlino, quanto cioè sia in difficoltà, e se si senta messo all’angolo dagli altri membri, e poteri, del suo regime. Se può ancora prendere decisioni in autonomia, però, non escludo che egli possa spingersi sino ad un limite inimmaginabile per noi occidentali, tenendo conto di quanto scritto sul carattere e le idee di Putin da molti dei suddetti dissidenti, alcuni dei quali ho conosciuto di persona per via del mio lavoro di addetto stampa. E quindi – torno al punto che avevo lasciato per un attimo – se il dittatore russo assicura che è disposto ad usare le bombe atomiche vuol dire proprio questo, che lui è in grado di farlo.
È anche un modo per preparare il mondo, il suo: è un avvertimento, a cui potrebbe far seguire un tragico, apocalittico atto. A molti sfugge infatti che Putin si trova in difficoltà per via delle tante perdite di soldati russi. E le città ucraine che resistono accanitamente possono diventare la tomba di altri, tanti altri militari del suo esercito. Questo può esacerbare gli animi contro di lui in patria, dove già ci sono state delle grosse e diffuse proteste. Putin potrebbe decidere ad un certo punto di radere al suolo alcune città ucraine nell’interesse dell’esercito e dell’economia russa in caduta libera per via delle sanzioni, come ha già mostrato di saper fare in Cecenia; anzi, potrebbe decidere di radere al suolo un’unica città, almeno all’inizio, per dare “il buon esempio” a tutte le altre. E questo anche usando armi più potenti e risolutive rispetto a quelle utilizzate sinora.
Infatti, se il suo intento è di lanciare un messaggio chiaro al mondo, qualcosa come “Attenzione, voi mi state sottovalutando, io l’arma atomica la uso davvero se mi costringete”, perché pensare che sia tutto un bluff? Basta non rimanere con lo sguardo fisso all’Occidente, e capire che è all’Ucraina che Putin si riferisce in realtà quando parla di attacco atomico. Non alla sua capitale però, non a Kiev, cosa che risulterebbe controproducente per la propaganda, bensì ad una città che si presti a diventare un simbolo per tutte le altre che stanno resistendo: un simbolo tragico che mostri quanto lui sia risoluto, spietato, potente; cosa che potrebbe suscitare un terrore misto, ebbene sì, ad ammirazione in certe menti poco evolute dell’Occidente.
Del resto la storia ci insegna che tutto è possibile.
Non fu il filosofo e logico matematico Bertrand Russell a sostenere che gli Stati Uniti stessi usarono la bomba atomica in Giappone non tanto per terminare in fretta una guerra particolarmente cruenta (erano mesi, infatti, che il Giappone stava proponendo la resa, sempre rifiutata dalla Casa Bianca), bensì come avvertimento ai popoli asiatici? Secondo Russell, Washington intendeva far capire loro che, se non si fossero comportati dalla fine della guerra in poi come voleva l’America, avrebbero potuto fare la stessa fine di Hiroshima e Nagasaki. Ma se le cose andarono davvero così, la Russia non potrebbe comportarsi allo stesso modo? Usando cioè l’atomica – un’atomica tattica, non particolarmente potente – su un’unica città per inviare un avvertimento non solo agli altri centri dell’Ucraina che resistono con le unghie e con i denti, come dicevo, bensì al mondo intero, soprattutto agli occidentali che gli stanno complicando la vita, dato che Putin sta, di fatto, rifiutando la pace a furia di mettere sul cosiddetto “tavolo delle trattative” sempre e solo delle condizioni irricevibili per Kiev.
È vero che il paragone può sembrare azzardato, dato che nel conflitto tra Usa e Giappone l’atto di guerra partì da quest’ultimo. I “cattivi “ erano i giapponesi, insomma, mentre gli ucraini oggi sono “i buoni”. In realtà, però, lo scontro tra Washington e Tokyo era iniziato ben prima dell’attacco aereo di Pearl Harbour, e non aveva visto gli americani – all’epoca, tra l’altro, ufficialmente razzisti –, svettare per senso etico rispetto ai nipponici. E poi Putin è peggio di Truman, e quindi se anche Russell si fosse sbagliato a proposito delle motivazioni del presidente americano nel rifiutare la resa giapponese, noi, seguendo il suo ragionamento, potremmo avere pochi dubbi nell’applicarlo al presidente russo, se posto in una situazione analoga.
Oggi al potere in Russia sta lui, e a me fa onestamente paura quello che può passare nella mente di un ex agente del Kgb messo alle strette, che ha fretta di vincere a causa delle perdite militari e dell’improvvisa emergenza interna.
Del resto, non era stato il grande scrittore Elias Canetti, poco attratto dal mito di Cassandra, a dire che profetizzare eventi negativi è facile e che è bravo solo chi è in grado di prevedere cose positive? Certo, il fatto che Putin possa usare l’atomica costituisce un’evenienza così negativa che a prima vista sembrerebbe più facile scommettere sul contrario, checché ne dica Canetti. Di certo mi piacerebbe che fosse così, ma purtroppo Putin ci ha abituato ai colpi di scena, a partire dal fatto che pochi avrebbero scommesso che avrebbe invaso l’intera Ucraina. Ed insomma, quando c’è di mezzo lui sembrerebbe proprio che le cose positive siano più difficili da prevedere. Spero di sbagliarmi.
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