Caro direttore,
a Milano, ma non solo, la politica è un argomento che fatica ad accendere. Da tanto, troppo tempo, c’è un tentativo tripartisan di ridurre la politica a feroci contrapposizioni (neanche più ideologiche), esibizione dei limiti (o delle indagini) altrui, promesse irrealizzabili e poco altro.
E, ancora una volta, a vincere sembra essere il disinteresse (il primo partito ovunque è quello degli “astenuti”), il quieto vivere – per chi può permetterselo -, e la solitudine dei bisogni.
Ma quello che abbiamo visto accadere per le strade di Milano, in silenzio e poche chiacchiere, è un fatto di enorme portata.
In tanti sono tornati a sporcarsi le mani coi livelli più piccoli della politica, gli asili, le strade, i circoli, i parchi, gli sconosciuti vicini di casa, e questo ha già portato enormi frutti. O meglio: in tanti si stavano già sporcando le mani nelle vicende del proprio vicinato e dei propri contesti (aiuto al prossimo, associazioni di quartiere, implicazione in parrocchia, organizzazione della propria comunità, anche nelle minoranze etniche) e si sono accorti che questo era già politica.
Un movimento spontaneo per cui gran parte degli schieramenti in gioco, a destra e sinistra, in alto e in basso, sono stati permeati da tante singole storie diverse. E già questo ci sembra un primo grande contributo che hanno portato le prossime elezioni amministrative.
Anche noi siamo stati catapultati in questo turno elettorale da direttrici diverse, chi accorgendosi delle difficoltà della propria famiglia, chi dopo aver incontrato sconosciuti consiglieri dei quattro angoli di Milano (punti di riferimento “silenziosi” per tante persone che non hanno altri con cui, quantomeno, lamentarsi), chi per un sopito desiderio di implicarsi anche per gli altri, mai abbastanza ascoltato fino al lockdown.
Chi scrive, ha riscoperto in questo periodo l’importanza di un luogo capace di dialogare liberamente, che preferisca sempre l’uomo alle idee sull’uomo; un luogo desideroso innanzitutto di ascoltare chi opera sul territorio, invece di programmare come si debba operare. Un luogo che faccia di questa passione per l’uomo il metodo della propria proposta politica e non solo il mezzo per poi riproporre i soliti schemi.
Nel disorientamento e l’incertezza di molti popolari e moderati, abbiamo quindi proposto Milano Popolare quale casa di chi risponde alla chimera di un futuro di vetro con una politica generata dal basso, di chi crede che la città più sicura non è la più sorvegliata, ma la più libera di poter stare e fare insieme. Siamo ingenui? Sicuramente sappiamo che il futuro non è un film, non è la foto di un grattacielo coi baobab, non è una piazzetta colorata di giallo, con intorno i vetri rotti. Chi, più di colui che vive un problema, scatenerà tutta la sua creatività per rispondervi? Scommettere e investire sulla libera cooperazione di chi risponde ai problemi che vive, prima di appendersi alle delibere di Palazzo Marino, questa per noi è politica popolare. Innovare è aprirsi all’impensato, e il nuovo è sempre innestato nell’ora, altrimenti non è e non sarà.
Andrea Siciliano, candidato in municipio 2
Luca Galli, candidato in municipio 3
— — — —
Abbiamo bisogno del tuo contributo per continuare a fornirti una informazione di qualità e indipendente.