Egregio direttore,
scriviamo in risposta alla lettera, ricca di retorica ma ahinoi povera di fatti, dell’ambasciatore Mammad Ahmadzada da lei pubblicata il 12 agosto. Ci limiteremo a esporre alcuni dei fatti più salienti, e lasceremo al pubblico italiano trarne le conseguenze.

Quando l’Ambasciatore insiste che l’Azerbaigian è “garante della sicurezza e della pace nel Caucaso meridionale” e “promotore del dialogo tra le civiltà”, ricorderemo solamente la vicenda dell’ufficiale Ramil Safarov, che nel cuore della notte del 19 febbraio 2004 a Budapest, durante un’esercitazione Nato, uccise l’ufficiale armeno Gurgen Margaryan con 16 colpi d’ascia. Dopo la sua condanna all’ergastolo dalla corte ungherese il 13 aprile 2006, condanna confermata dalla corte d’appello il 22 febbraio 2007, Safarov venne consegnato alle autorità azere il 31 agosto 2012, rimpatriato, e osannato dal suo governo. Fu promosso a capitano. Gli furono dati otto anni di paga arretrata e un appartamento.



E vorremmo ricordare anche che, nel rally tenutosi a Baku il 14 luglio scorso, la folla urlava “morte agli armeni”.

Per quanto l’Ambasciatore insista che il Nagorno Karabakh – o l’Artsakh, come viene chiamato dagli armeni – sia una “regione azerbaigiana” e “terra storica” di “1 milione di azerbaigiani”, la regione non ha mai veramente fatto parte dell’Azerbaigian. Non si trovava tra i confini dell’Azerbaigian quando è stato creato nel 1918. Né ne faceva parte integrale nel 1991, quando l’Azerbaigian ha dichiarato la propria indipendenza. Il Nagorno Karabakh è stato incluso tra i confini dell’Azerbaigian da Stalin solamente nel 1921, come oblast, ossia regione autonoma, e contrariamente alla volontà delle persone che vi abitavano.



Come chiunque può evincere dalle rovine di Tigranakert (Tigranocerta) – una delle sette città fondate dal re armeno Tigrane il Grande nel I secolo a.C. – e dalle innumerevoli chiese armene sparse in tutto il territorio, per non ricordare la città di Shushi –, il Nagorno Karabakh è terra dove il popolo armeno vive da millenni.

Infine, ci siamo divertiti con la citazione dell’Ambasciatore, che scrive: “c’è un detto in Azerbaigian: ‘L’ultimo arrivato caccia chi già c’era!’”. È certamente vero per quanto riguarda il Nakhichevan, antico territorio armeno attribuito da Stalin all’Azerbaigian nel 1921, dove sono stati distrutti perfino gli antichi cimiteri degli armeni; non lo è certo per il Nagorno Karabakh.