Caro Direttore,
sono tante le notizie e i commenti che si sono succeduti in questo tempo di coronavirus. Informazioni più o meno esatte fornite dai notiziari, frequenti pronunciamenti di scienziati veri e presunti, iniziative di origine politica ed economica, sofferenza e speranza alternanti conforme allʼandamento della pandemia, morti e guariti, funerali mai celebrati, preghiere esaudite e non. Abbiamo pianto e pregato per i nostri amici, laici e sacerdoti . Non è ancora finita.



Ad oggi siamo a circa 30 milioni di contagi e oltre 900mila decessi nel mondo e il morbo ha toccato ormai tutti i continenti. Se centinaia di migliaia si possono contare negli Usa, in India e in Brasile, altre decine di migliaia si contano in Europa e in altri paesi. Fatte le debite proporzioni per numero di abitanti, non si sa quale sia la percentuale da preferire.



Le statistiche ci possono aiutare per fare unʼanalisi del contagio e del numero dei morti, ma possono anche dirci che le guarigioni vanno moltiplicandosi. Purtroppo in alcuni paesi, come il nostro, sembra che ci sia un rigurgito, favorito dai rientri dalle ferie e dalla superficialità di alcuni nostri concittadini, facendo lievitare nuovamente il numero di degenti in terapia intensiva. In altri addirittura si torna al lockdown totale.

Intorno al balletto delle cifre ne gira un altro, sollecitato dai problemi economici e sociali, che la pandemia ha scatenato. Se nei primi giorni abbiamo assistito a numerosi esempi di dedizione di medici e altri operatori della salute fino allʼeroismo, dopo la fine del lockdown assistiamo piuttosto a una corsa allʼaccaparramento di soldi da investire e alla scoperta del vaccino per soli (speriamo di no) fini di lucro. Ce lʼavevano detto: “Dopo il virus si può essere migliori o peggiori. Se non si cambia ora, non si cambia dopo”.



Purtroppo né i soldi, né il vaccino sono oggi disponibili. E allora si scatena una campagna pubblicitaria piena di promesse sul vuoto, complici le prossime elezioni amministrative in Italia e in altri paesi e quelle presidenziali negli Stati Uniti. Questʼultima nazione è stata poi attraversata non solo dalla crisi economica, ma dalla questione razziale, mai risolta nonostante la lotta di Martin Luther King, a seguito dei fatti di Minneapolis. E, a 19 anni dallʼattentato alle Torri Gemelle, è chiamata a rispondere a nuove e ardue sfide.

Per uno sguardo un poʼ più sereno sul nostro paese e sul mondo dobbiamo ricordare la figura di Papa Francesco, che in piena emergenza sanitaria ha offerto, non solo ai credenti ma al mondo intero, una testimonianza carica di speranza, per non soccombere di fronte agli eventi.

Se durante il lockdown la sua parola della Messa mattutina in Santa Marta e la preghiera solitaria in Piazza San Pietro il 27 marzo e a San Marcello sono stati a noi tutti di sostegno, in Italia il presidente Mattarella e altre figure si sono poste come punti di riferimento per una reale ripresa.

Non possiamo dimenticare a questo proposito lʼapporto del Meeting di Rimini, che si è celebrato, nonostante le limitazioni imposte dalle circostanze, in un centinaio di città in Italia e in altri paesi del mondo. Interventi come quelli di Scholz, Draghi, Alzumendi, Carron e altri hanno offerto prospettive per una ripresa umana e sociale, a partire dalla speranza e dallʼesercizio del bene comune. Nello stesso tempo aperti al mondo, come è sempre stata la kermesse di Rimini, perché “privi dello stupore, siamo sordi al sublime”, conforme al titolo di questa edizione.

Più vicino a me ho potuto assistere a miracoli di profonda fede e umanità, nel guardare a come persone colpite dal virus o da altri mali hanno saputo affrontare la sofferenza personale o la perdita di persone amiche, non con un atteggiamento superficiale o miracolistico, ma dolorosamente umano e per tuttavia carico di speranza. E, mentre pochi potevano continuare il lavoro, altri, insegnanti in primis, hanno dovuto inventarsi nuove forme di comunicazione online con i loro allievi.

Io stesso sono rimasto ammirato dalla domanda della gente del quartiere, che invocava la presenza del sacerdote per pregare assieme soprattutto durante la prima fase del morbo, suggerendo, stante il divieto di celebrazioni in chiesa, nuove modalità di evangelizzazione. In piedi sulla soglia dellʼingresso recitando da lì il rosario o la Via Crucis o una parte della Messa, mentre la gente partecipava affacciata ai balconi.

Ho dovuto invece per obbedienza sospendere la visita agli ammalati nelle case private e in ospedale, riprendendola gradualmente appena si sono allentate le norme di distanziamento. Nel frattempo lettura, meditazione, preghiera, telefonate e messaggi gli ingredienti della giornata. Il 18 maggio sono riprese le celebrazioni in chiesa, nel rispetto delle norme antivirus. Ma la gente dovʼè? Neppure un manifesto umoristico con Don Camillo che minacciava con il dito indicando lʼingresso in chiesa è bastato. Occorre pregare e inventare ancora.

Si riprende dal vicino e dal piccolo. La caritativa è lʼarma che possediamo: si distribuiscono i pochi viveri disponibili tramite il Banco Alimentare. Non riusciamo a risolvere tutti i problemi. Anche qui tocchiamo la nostra fragilità e precarietà. La vicenda di Barry, un povero straniero derubato di tutto e sanguinante fino alla mia porta di casa, mi ferisce ancora. Altre persone ci lasciano, come una vicina di casa, assistita amorevolmente dalle nostre suore. Sono i santi della porta accanto, come ci ricorda Papa Francesco.

Per tornare un istante al Meeting desidero ricordare lʼiniziativa dei miei amici a Mirabella Eclano, a Salerno, ad Avellino e a Montoro Inferiore. Una su tutte quella di Mirabella Eclano, promossa dalla nostra amica Natalia Memmolo, che ha saputo aggregare attorno a sé tutta la sua famiglia e alcuni altri amici.

Tutto ciò non per unʼautocelebrazione, ma per indicare persone e luoghi, tra mille altri, vicini e lontani che si sono posti come segno di speranza durante questo tempo calamitoso. È sempre un Avvenimento la salvezza. Carnale. Qui come in Uganda e in Brasile.

In questo paese, ad esempio, quando il morbo sembrava avere la meglio, gli amici dellʼATST hanno momentaneamente abbandonando la loro attività, mettendosi a cucire le mascherine per i più poveri e offrendo cibo ai meno abbienti. E, per superare il distanziamento imposto dall’emergenza sanitaria, hanno creato un canale televisivo, per offrire notizie e aiutare i progetti già in corso, non solo nella città di San Paulo, ma in altre 17 città dellʼinterno dello Stato. Ho avuto la fortuna di entrare anchʼio in collegamento telefonico e video con loro durante questo tempo, avendo dovuto sacrificare la mia visita annuale a loro. Speriamo che presto sia cancellato dalla lista nera questo grande bellissimo paese.

Nel nostro piccolo, oltre lʼiniziativa del Meeting, vi sono state altre modalità di comunicazione, dal rosario meditato con gli amici di Salerno e Avellino, alle notizie dei Confratelli e del I Decanato della nostra Arcidiocesi, ai collegamenti per la Messa in streaming per la morte di una nostra amica per coronavirus e per la catechesi, che non abbiamo abbandonato durante questo tempo. In una parola posso dire che il distanziamento non ci ha “distanziati” se non fisicamente, e per poco tempo.

Lʼestate finalmente ci ha offerto uno squarcio di sole, al mare e in montagna in compagnia dei nostri amici e altri colà incontrati. E ora alla ripresa ci si offre lʼopportunità di un lavoro, in verità mai smesso, rispondendo alle sfide della stagione presente. Si riaprono la scuola e lʼuniversità con il carico di apprensioni da una parte e di speranze dallʼaltra. Basta che la preoccupazione principale non siano i banchi o i programmi, come ha giustamente sottolineato Alessandro DʼAvenia pochi giorni fa, ma il rapporto tra allievi e docenti.

Se la tentazione è di mandare a riposo gli attuali governanti, incapaci di offrire valide soluzioni sia in campo educativo che in quello economico, la responsabilità ci richiama a un impegno ineludibile. Il recente tragico episodio di Willy ci interroga profondamente. Il terreno dellʼeducazione è quello su cui investire. Ce lʼha ricordato il presidente Mattarella, ce lʼha ricordato Draghi, ce lo ricorda Papa Francesco che ha indetto proprio su questo tema una giornata il 15 ottobre prossimo. Ce lo ricorda la nostra esperienza che da oltre sessantʼanni si gioca su questo campo. Non trascurando ovviamente altri problemi: quello della salute, prioritario più che mai in questo tempo, del lavoro, dellʼeconomia eccetera.

La cosa che più preme in questo momento è di non sprecare questa occasione. Ce lʼhanno detto in tutti i modi: a fronte di una disoccupazione galoppante che ha superato la soglia di 500mila in Italia, non è la distribuzione a pioggia la soluzione del problema, bensì una sana amministrazione, sovvenendo certo i cittadini in necessità, ma programmando il futuro, soprattutto per le giovani generazioni. Quindi, Mes o non Mes, utilizzare il denaro nostro o che verrà dallʼEuropa per le imprese, la scuola, lʼuniversità, la sanità eccetera, per creare posti di lavoro, offrire possibili forme di creatività. I giovani non sono imbelli, ma hanno bisogno di guardare a gente entusiasta e che guardi loro con simpatia e fiducia. Non è stato questo necessario anche per noi?

Se posso, un caro saluto ai miei amici e a tutti coloro che hanno a cuore il vero destino proprio e degli altri. Non è questa in fondo la vera sfida di sempre? E che San Gennaro ce la mandi buona!