Egregio direttore,
ho come l’impressione che nella maggioranza che sostiene il Governo qualcuno abbia trattato il tema della cittadinanza e del percorso scolastico come fosse un argomento per far passare il tempo in un periodo senza notizie. Il tema è invece tremendamente serio e reale.

Quasi 1 milione di bambini e ragazzi, dei quali 700mila nati in Italia, aspettano risposte e si attendono serietà e dialogo da parte dei decisori politici, per trovare una soluzione rispetto allo status quo e ad un percorso che non tiene conto della realtà.



Ad agosto ci siamo trovati davanti a una discussione che a settembre sembra già chiusa. Ma il percorso di cittadinanza non è come un cruciverba, un gossip da commentare, due chiacchiere sotto l’ombrellone. È una cosa tremendamente seria e necessaria sé crediamo alla reale integrazione. Lo ius scholae è il riconoscimento della cittadinanza italiana a chi ne fa richiesta, è nato in Italia o ci è arrivato prima di compiere i 12 anni e ha terminato un ciclo di scuola di almeno 5 anni. Sono bambini e ragazzi che parlano italiano, conoscono l’Italia, frequentano le scuole, spesso con ottimi risultati. Chi è entrato in una scuola o in una classe sa che è così. E sa che spesso questi ragazzi non solo parlano italiano ma hanno anche l’accento delle nostre città.



La politica affronti il tema con realismo, non con ideologia, e per farlo bisogna che tutti siano disposti al dialogo. Papa Francesco nel 2016 a Lesbo richiamò tutti al realismo: “non dimentichiamoci mai che i migranti prima di esser numeri sono persone, volti, nomi, storie”.

Questi bambini e ragazzi non sono “figli di stranieri”, ma “nuovi italiani”.  Ho visitato e continuo a visitare centinaia di scuole in tutta Italia e lo dico con ragione, esempi e numeri: se c’è un luogo di reale integrazione questo è la scuola.

Il Parlamento si dia una mossa, il tema è reale e ha bisogno di dialogo. Altrimenti? Altrimenti la politica perde di credibilità perché non affronta un tema reale e poi saremo tutti tacciati di ignavia. Attenzione però, perché Dante gli ignavi, coloro che non prendevano posizione, i “sanza ’nfamia e sanza lodo”, li mette all’inferno.



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