Caro direttore,
i media italiani hanno quasi oscurato la notizia che in Olanda si terranno elezioni politiche anticipate il 17 marzo, dopo le dimissioni del premier Mark Rutte. Il Paese è co-fondatore dell’Ue assieme all’Italia ed è tuttora colpito dalla pandemia non meno dell’Italia. Su una popolazione di 17,2 milioni, i contagi sono stati finora 902mila, con 12.600 morti. Il Paese è in lockdown stretto dal 14 dicembre fino a martedì prossimo, ma nell’ultima conferenza stampa settimanale il ministero della Salute dell’Aja ha mantenuto l’allerta al livello massimo.
Questo non ha impedito a quattro partiti del centro liberale e cristiano di considerare esaurita la coalizione Rutte-4 dopo un controverso caso di sussidi pubblici. Nel 2012 il Rutte-1 erogò bonus-casa a 20mila famiglie, poi ritrovatesi in un’inchiesta per frode fiscale. Un comunicato unanime della coalizione ha affermato che “lo Stato di diritto deve proteggere i cittadini contro il Governo onnipotente” e che nel caso dei bonus “le cose sono andate male”. Rutte (leader del Vvd, affiliato in sede Ue al raggruppamento liberale Alde) ha respinto le accuse, ma ripresenterà la sua candidatura: “Decideranno gli elettori”. Non risulta che alcuna forza politica, economica o sociale del Paese (e alcun soggetto religioso) abbia invocato la situazione di emergenza sanitaria per mettere in discussione l’opportunità di tenere le elezioni. Né risultano commenti da parte dell’Unione europea o di altre istituzioni sulla situazione politica interna in Olanda o sull’oggettiva instabilità portata da crisi di Governo e voto anticipato.
Nello scorso mese di novembre la peggior situazione-Covid del pianeta – quella degli Usa – non ha fermato l’appuntamento quadriennale per il voto presidenziale nella più antica liberaldemocrazia del pianeta. Nella settimana che ha incluso il 3 novembre (quando 155 milioni di americani hanno votato ai seggi o per posta) la media quotidiana dei nuovi casi su scala nazionale si è mantenuta a quota 100mila e il totale degli contagiati ha superato i 10 milioni. Ma se “la democrazia non si ferma per il Covid” (ha usato queste parole mercoledì in Italia il leader Iv, Matteo Renzi, aprendo la crisi di Governo), il voto presidenziale ha certificato che gli americani volevano effettivamente cambiare il Presidente Donald Trump con Joe Biden, dopo una disastrosa gestione dell’epidemia; e volevano modificare in parallelo gli equilibri al Congresso a favore dei democrat (com’è stato definitivamente confermato dal voto in Georgia, regolarmente tenuto il 5 gennaio).
Un mese fa, il Governo di grande coalizione guidato in Israele da Bibi Netanyahu è caduto al voto sul budget 2021. Sono state immediatamente indette nuove elezioni per il prossimo 23 marzo. Si tratta del quarto voto anticipato in due anni. Israele (8,6 milioni di abitanti) ha registrato finora 535mila contagi-Covid e oltre 3.900 morti. È tuttavia probabile che il giorno del voto la gran parte della popolazione sarà vaccinata: se verrà mantenuto il ritmo attuale di 150mila vaccini al giorno (compresi i residenti nei Territori palestinesi).
Già domenica prossima, 24 gennaio, gli elettori portoghesi saranno intanto chiamati alle urne per eleggere il presidente della Repubblica: che ha funzioni simili a quello italiano, ma viene designato dal voto popolare. Il Portogallo (528mila contagi e 8.500 morti su 10,2 milioni di abitanti) è in lockdown e il Presidente uscente-ricandidato, Marcelo Rebelo de Sousa, è in isolamento dopo essere risultato positivo. Non risultano tuttavia ipotesi di rinvio: Lisbona è fra l’altro Presidente di turno dell’Unione europea.
La Germania sta attraversando probabilmente la fase peggiore dall’inizio della pandemia: l’allarme è venuto, ripetutamente negli ultimi giorni, dal cancelliere Angela Merkel. Il bilancio dopo dieci mesi parla comunque di 2 milioni di casi e 45mila morti su 83 milioni di cittadini. Le prossime elezioni politiche ordinarie nel Paese sono in agenda il 26 settembre prossimo: quando è probabile che la situazione sanitaria sia sotto controllo. Ieri era però all’estremo opposto: Berlino ha infatti esteso un lockdown stretto almeno fino al 31 gennaio. Eppure proprio ieri la Cdu – il maggior partito tedesco – ha regolarmente tenuto il ballottaggio finale per la scelta del suo leader, il probabile successore di Merkel, in carica dal 2005. Nel frattempo non risultano finora dubbi sulle importanti elezioni locali nei land del Baden-Wuttemberg e Renania-Palatinato: in calendario da tempo per il 14 marzo.
Solo in Italia la democrazia appare a priori – pretestuosamente – “chiusa per Covid”. Solo in Italia, nel 2020, sono state rinviate fino a settembre le elezioni amministrative che si sarebbero potute tenere in giugno o luglio: appesantendo così rischi e contraccolpi legati alla riapertura delle scuole. Solo in Italia le date delle prossime elezioni amministrative nella maggiori città (Roma, Milano, Torino, Napoli) sono incerte pur essendo calendarizzate per la tarda primavera. Solo in Italia le forze politiche giocano la data delle elezioni – momento fondamentale della democrazia costituzionale – al tavolo di crisi politiche più o meno pilotate.
Solo in Italia un Premier mai eletto – ma da un anno con “pieni poteri” continuamente auto-prorogati – pretende di succedere a se stesso alla guida di una terza maggioranza diversa in tre anni. Giuseppe Conte rifiuta però di affrontare il Parlamento con una postura costituzionalmente corretta: da premier dimissionario e re-incaricato; oppure rinviato alle Camere dalla presidenza della Repubblica. Si arroga anche il potere, Giuseppe Conte, di imporre le sue regole a rami del Parlamento che invece costituiscono il cuore della sovranità costituzionale: è il Governo che trae legittimazione dal Parlamento, con l’intervento di garanzia del Quirinale; non viceversa.
È d’altronde un fatto, che nel gennaio 2021 appaia applicata in modo oggettivamente anomalo un’altra tradizionale prassi di garanzia democratica: quella che vuole uno dei due rami del Parlamento presieduto dall’opposizione. Elisabetta Casellati, presidente del Senato, appartiene a Forza Italia: nominalmente parte opposizione di centrodestra. Ma è vero che l’opposizione effettiva, oggi in Italia, è rappresentata da Lega e Fdi: non dal partito personale di Silvio Berlusconi, da cui invece sono giunti negli ultimi mesi segnali intermittenti di disponibilità a un ruolo “responsabile”. Soprattutto dopo un decisivo provvedimento del Governo Conte a specifica difesa del gruppo Mediaset e in contrasto con una pronuncia della Corte di Giustizia Ue.
Domani e martedì, in ogni caso, la postura di Giuseppe Conte presenterà più di un’analogia con quella assunta dal predecessore Benito Mussolini nel gennaio di 96 anni fa. Per mesi Mussolini aveva rifiutato di dimettersi dopo il delitto Matteotti: ma anche l’estrema protesta aventiniana delle forze liberaldemocratiche alla fine nulla poté contro il tacito appoggio del Re alla deriva dittatoriale del futuro Duce, baluardo reazionario contro l’avanzata elettorale di Psi e Ppi. Così Mussolini si presentò infine in Parlamento per deriderlo e minacciarlo come “aula sorda e grigia”. Si assunse – com’è noto – la “responsabilità politica, storica e morale” – ma non quella giudiziaria – del delitto Matteotti: e la Camera respinse infine a larga maggioranza l’ipotesi di messa in stato d’accusa del Premier. Gli rinnovò una fiducia di cui lui, però, non sentiva già più il bisogno.
Dopo ultime elezioni-farsa nel 1929 (con schede leggibili e squadracce ai seggi) la Camera fu definitivamente chiusa. E Alcide De Gasperi – leader del partito cattolico e futuro ricostruttore dell’Italia democratica – fu obbligato a un lunghissimo esilio in Vaticano.