Caro direttore,

può darsi che l’emergenza coronavirus sia un buon motivo per relegare in sott’ordine l’emergenza migranti, almeno in Italia. Però è impossibile non notare come l’Unione europea – chiamata in causa come l’Italia in queste ore da entrambe le emergenze – non abbia mostrato dubbio alcuno nello stabilire le priorità e nel decidere le risposte. Ed è impossibile, nel contempo, non porsi più di un interrogativo sulle mosse del governo italiano.



Tre giorni fa le tre massime cariche di Bruxelles (il Presidente del Consiglio, il belga Charles Michel; il presidente della Commissione Ue, la tedesca Ursula von der Leyen; e il presidente dell’Europarlamento, l’italiano David Sassoli) sono volate urgentemente ad Atene, su invito pressante del premier greco Kyriakos Mitsotakis. Quest’ultimo ha sollecitato e ottenuto in tempo reale una visibile solidarietà Ue di fronte alla crisi dei migranti siriani scatenata dalla Turchia ai confini greci. Anzi: ai confini europei, come ha fin da principio sottolineato il governo ellenico. 



Al ritorno verso Bruxelles e Strasburgo i tre leader Ue non sembrano aver neppure preso in considerazione una sosta a Roma. Eppure l’Italia è “zona rossa” nella Ue per l’emergenza coronavirus:  il premier Giuseppe Conte è al comando delle operazioni di protezione civile, mentre il ministro dell’Economia, Roberto Gualtieri, sta approntando una prima manovra di contrasto a un prevedibile contraccolpo recessivo. Non è noto, peraltro, se Palazzo Chigi abbia sollecitato ai vertici Ue un passo analogo a quello richiesto da Atene per le sue frontiere minacciate. E’ invece un fatto che anche le istituzioni Ue – oltre a numerosi Paesi membri – hanno subito attivato misure unilaterali di isolamento dell’Italia e dei suoi cittadini.  Benché stia emergendo che il virus cinese avrebbe fatto la sua prima comparsa in Germania e non in Italia.



Sarebbero intanto oltre 25mila – in crescita di ora in ora – i profughi dalla città siriana di Idlib che la Turchia ha deciso di spingere immediatamente verso la frontiera greca/europea. Il governo greco ha negato gli ingressi, respingendo manu militari veri e propri attacchi da parte di colonne sempre più compatte di migranti. E’ stato comunque un bimbo siriano a perdere la vita in un tentativo di sbarco all’isola di Lesbo: sul confine marittimo greco nel Mediterraneo. Qui – come hanno subito documentato alcuni video in rete – le forze di sicurezza greche hanno usato metodi violenti per tenere al largo i gommoni.

Una riunione d’emergenza dei ministri degli interni Ue – svoltasi mercoledì a Bruxelles al rientro della “missione von der Leyen” ad Atene – ha avuto pochissima eco sui media italiani Si è tuttavia conclusa con una nota dal contenuto e tenore inequivocabili, sottoscritta anche dal titolare del Viminale, Luciana Lamorgese. La posizione – sostenuta soprattutto dalla Germania – ha ribadito pieno appoggio alla Grecia nella difesa delle frontiere esterne della Ue, dove la pressione dei migranti  “non è accettabile” hanno detto i ministri: pur riconoscendo  “un crescente rischio migratorio che la Turchia sta affrontando”. Tuttavia la Ue denuncia “un uso della pressione migratoria per finalità politiche” e richiama ad Ankara gli accordi del 2016, seguiti all’accoglimento di un milione di profughi siriani principalmente da parte della Germania nel 2015.

Bruxelles starebbe ora valutando nuove offerte finanziarie alla Turchia perché continui a farsi carico delle emergenze umanitarie originate dalla guerra civile in Siria: anche correndo il rischio che altri miliardi di euro – anche dal bilancio italiano – vadano a finanziarie l’espansionismo bellicita turco, anche in Libia.  Aiuti finanziari per tenere i migranti fuori dai confini europei:  è un approccio che – secondo molte ricostruzioni – sarebbe stato seguito con successo anche dal cosiddetto “piano Minniti” adottato dal governo Gentiloni (Pd) per stroncare il traffico di esseri umani dalla Libia. Ma una logica per certi versi analoga è stata seguita dalla stessa Ue nei confronti dell’Italia: allorché – secondo quanto affermato da Emma Bonino, ministro degli Esteri italiano firmatario degli Accordi di Dublino – Roma si è accollata volontariamente per anni dell’accoglienza dei migranti in cambio di una flessibilità finanziaria discrezionale garantita da Bruxelles al governo Renzi.

Al rientro da Atene, in un’intervista rilasciata a un quotidiano italiano, Sassoli ha intanto condannato “violenze intollerabili” (evidentemente quelle delle forze greche) ma ha dichiarato che “Atene è sotto pressione e l’Europa deve aiutarla”. E’ sembrato d’altronde ansioso di correggere e depotenziare l’affermazione di von der Leyen secondo la quale  “la Grecia è uno scudo europeo contro i migranti”.

Il Sussidiario ha già affrontato i diversi profili problematici sollevati dall’emergenza migranti, sulle diverse frontiere politico-istituzionali fra Italia e Ue.

Von der Leyen e Sassoli – anzitutto – sono stati designati ai loro incarichi all’inizio dello scorso luglio: con i voti decisivi del premier italiano a Bruxelles e di M5S a Strasburgo, che ha così incrinato unilateralmente la maggioranza di governo in carica a Roma fra M5S e Lega. Von der Leyen (Ppe) era allora il ministro in carica a capo della Wehrmacht nel gabinetto guidato da Angela Merkel: il cui declino politico – oggi drammatico – è iniziato dopo la decisione di aprire le porte ai profughi siriani cinque anni fa. Sassoli era e resta un esponente del Pd in Italia e del Pse in Europa: entrambi i partiti hanno registrato pesanti sconfitte al voto europeo del maggio 2019. 

Ambedue le nomine sono maturate nelle ore immediatamente successive al più grave incidente migratorio alle frontiere esterne italiane/europee nel Canale di Sicilia. Nella notte fra il 28 e il 29 giugno scorsi la Sea Watch 3 –  battente bandiera olandese, di proprietà di una Ong tedesca, comandata dall’attivista tedesca Carola Rackete e carica di profughi africani dalla Libia – ha violato gli avvertimenti lanciati dalle autorità di sicurezza italiane ed è approdata con la forza nel porto di Lampedusa, speronando una motovedetta militare italiana. La “capitana Carola” non è stata soggetta ad alcun provvedimento giudiziario e ha subito potuto tornare libera in Germania. In seguito ha anche potuto parlare all’Europarlamento, già presieduto da Sassoli. Il vicepremier e ministro dell’Interno italiano in carica allora, il leader della Lega Matteo Salvini, è stato invece perseguito dalla magistratura del suo Paese e alla fine mandato a processo con autorizzazione del Parlamento per le direttive emanate nell’esercizio delle sue funzioni.  Salvini non ha mai ordinato l’uso di gas contro i migranti, come ha invece fatto Mitsotakis negli ultimi giorni, fra gli applausi della Ue. Pretendeva invece che la Sea Watch 3 approdasse in Italia solo dopo che i Paesi Ue avessero risposto agli obblighi solidali di ripartizione dei migranti, previsti dagli Accordi di Dublino del 2013.

Nell’estate scorsa gli sviluppi europei hanno rapidamente indotto in Italia una crisi di governo, con l’esclusione della Lega dalla maggioranza. All’inizio di settembre il premier Conte è stato riconfermato nell’incarico con l’appoggio di una maggioranza contrapposta (Pd-M5S-Leu, poi anche Iv) con l’aperto favore di importanti capi di Stato non-Ue. L’impegno programmatico dichiarato di priorità assoluta e simbolica è stata la cancellazione dei cosiddetti “decreti Salvini” sulla regolazione dei flussi migratori dall’Africa, unita alla richiesta di revisione e rilancio degli Accordi di Dublino. Da allora nulla è però cambiato: la Ue è tornata a ignorare gli sbarchi in Italia e il ministro Lamorgese si è limitata a disapplicare di fatto i “decreti sicurezza” pur lasciandoli in vigore.  Ed è in questo quadro che la Ocean Viking – gestita dalle Ong SOS Mediterranée (operante in Francia, Germania, Svizzera e Italia) e da Medici senza frontiere – ha potuto sbarcare in Sicilia 274 migranti ancora domenica 23 febbraio: quando l’emergenza coronavirus era già esplosa in Italia e alcuni Paesi europei stavano già predisponendo restrizioni agli spostamenti dei cittadini italiani entro lo spazio unico dell’Unione.

Fin qui i fatti: almeno alcuni che paiono rilevanti ai fini di una riflessione.

Ciascun cittadino italiano/europeo ha il diritto-dovere di maturare sue libere opinioni su ogni vicenda, di manifestarle e sostenerle presso le forze politiche e le istituzioni di governo: nel proprio Paese e nello spazio Ue. Chiunque ricopra responsabilità pubbliche a qualunque livello – anzitutto se è stato democraticamente eletto  a quel ruolo – ha il potere e spesso il dovere legittimo di decidere: secondo le regole fissate per quel ruolo e per quelle decisioni, in Italia e in Europa.

A ogni legittimo e sano funzionamento di un sistema democratico, non giovano d’altronde mai manipolazioni mediatiche e doppie morali politiche.  Sono anzitutto dannose per ogni azione di governo. Raramente servono per affrontare la realtà e scioglierne i nodi.

Il presidente di un Parlamento (qualsiasi Parlamento) non ha mai il dovere di accodarsi al presidente di un esecutivo, anzi. Nella governance liberale moderna, il potere legislativo è rigorosamente distinto da quello esecutivo e ha il dovere controllarne ogni scelta. Se necessario correggendola o respingendola. 

Se il presidente dell’Europarlamento (democraticamente eletto da centinaia di milioni di europei) non è d’accordo con le decisioni del presidente della Commissione Ue e del Presidente del Consiglio europeo (entrambi designati invece dai governi nazionali) non è obbligato a volare con loro in Grecia per dare pieno sostegno a un violento muro anti-migranti. Avrebbe potuto, quel presidente, prendere preventivamente e pubblicamente le distanze dalla missione attraverso i suoi canali di comunicazione istituzionali. Mentre von der Leyen volava in Grecia, Sassoli avrebbe potuto  utilmente visitare l’Italia: meglio non Roma, ma Milano. Invece si è dapprima mimetizzato in tutti i modi nella missione Ue, salvo dissociarsene in modo ambiguo due giorni dopo, sulle colonne interne di un singolo quotidiano del suo Paese.

Avrebbe potuto, il presidente dell’Europarlamento, e forse dovuto convocare il presidente della Commissione Ue a Strasburgo: perché illustrasse le ragioni delle scelte crisi greco-turca e rispondesse alle domande dei parlamentari eletti. Avrebbe potuto, Sassoli, promuovere o accogliere mozioni parlamentari sul tema e metterle ai voti. Questi sono gli usi della democrazia: che Sassoli – assieme a molti altri leader europei – dice invece ogni giorno minacciata da vere o presunte minacce. più o meno “nere”.

Il premier italiano che nelle stesse ore si è trovato a fronteggiare una crisi interna di gravità non inferiore a quella greca e di più marcato profilo europeo, avrebbe potuto e forse dovuto twittare immediatamente allarme e richiesta di aiuto e solidarietà: come ha fatto il suo collega greco. Avrebbe perfino potuto protestare per la precedenza data a Mitsotakis: 4mila contagiati di coronavirus in Italia sono meno importanti dei 4mila migranti che inizialmente assediavano il confine greco? E in fondo von der Leyen non sarebbe oggi presidente della Commissione Ue senza l’appoggio decisivo di Conte e dei suoi voti M5S: nell’euro-parlamento a presidenza Sassoli  sono rimaste a lungo in bilico sia lei sia la sua Commissione, che ha debuttato in ritardo. Mitsotakis, dal canto suo, non ha fatto neppure a tempo a votare la presidente tedesca in Consiglio Ue: il leader di Nuova Democratia si è affermato al voto politico in Grecia solo pochi giorni dopo. Questo segna peraltro una differenza non trascurabile rispetto al collega italiano: già due volte premier senza essere mai stato eletto in Parlamento, anche se forte di un tweet-endorsement personale da parte del presidente americano Donadl Trump.

Se comunque il premier italiano non ha fatto nulla di tutto ciò – e continua a non farlo – si espone inevitabilmente al sospetto di venir meno alle sue responsabilità di capo del governo verso 60 milioni di concittadini. Può perfino autorizzare il sospetto, il Conte-2, di essere poco desideroso di essere aiutato da un’Europa divenuta improvvisamente dura con i migranti siriani. E’ peraltro la stessa Europa che ha contestato e contrastato in tutti i modi il Conte-1 quando l’Italia teneva chiuse le due “frontiere europee” ai migranti africani.  Il governo giallorosso sembra ora accettare passivamente la chiusura delle frontiere interne dell’Europa attorno all’Italia, forse più preoccupato di mimetizzare l’apertura ostinata delle frontiere esterne europee nel Canale di Sicilia. Per ragioni non note o comunque non trasparentemente intuibili il Conte-2 sembra non cercare il sostegno dell’Europa proprio quando questo appare di vitale importanza per l’Italia. Eppure è l’Europa che il premier ha entusiasticamente voluto otto mesi fa. Ma è nondimeno una Ue ora apertamente entusiasta a posteriori delle politiche migratorie del governo italiano presieduto da Conte-1 e poi rinnegate dal Conte-2.

Il governo Conte-2 – che non ha finora ritenuto compiuto alcuna missione di solidarietà verso le regioni nel Nord Italia attorno alle “zone rosse” del coronavirus – dovrebbe sentire il dovere istituzionale di spiegare con trasparenza il suo operato: anche nei suoi rapporti correnti con la Ue, su tutte le emergenze. In una legittima democrazia (parlamentare) europea ciò avviene davanti alle Camere elette, non attraverso un estemporaneo videomessaggio del premier agli italiani. I “messaggi alla nazione” sono propri dei leader democratici che scivolano verso l’autoritarismo: come il presidente turco Recepp Erdogan.