Caro direttore,
sono stato colpito dalle parole di due grandi della storia italiana, Luigi Giussani e Giovanni Testori. Giussani terminava un discorso dicendo: “È la gioia del destino che i padri non hanno comunicato ai figli”. E Testori incalzava: “È la gioia di essere loro stessi figli che non hanno comunicato ai figli”.
Nei giorni scorsi ho vissuto la vicenda di una famiglia segnata dalla morte della figlia di 6 anni. Gran parte della comunità si è stretta attorno a loro e ha pregato. Molti genitori hanno accusato il colpo di scoprire che la vita di loro stessi e dei loro figli è estremamente fragile e le ansie sono state molte.
Ancor più, però, sono stato commosso dalla reazione dei bambini. Un altro mondo dentro il mondo di ansie di noi adulti. Ho visto la vita scoppiare nei volti di quei bambini, come una certezza positiva, come una speranza invincibile e quindi desiderabile. Abbiamo bisogno di lasciarci sorprendere dai bambini.
“Se non sarete come bambini” mi risuona nella testa con un valore nuovo, come novità. Da dove arriva questa certezza, come affiora continuamente questa speranza, questo sguardo positivo?
Forse Gesù valorizzava il loro istinto? La loro ingenuità? Come ci viene da pensare stando con i più piccoli, valorizzava ciò che Lui ha sempre comunicato: il suo essere Figlio.
I bambini si concepiscono figli, quindi certi. Voluti, quindi lieti. Pieni di speranza che si fonda sulla certezza della presenza di un padre e di una madre.
Noi adulti ci dimentichiamo di essere figli, di appartenere a Uno che ci ha voluti e che non torna indietro, non ci molla, non può più mollarci.
Solo chi ha la certezza di un Padre che ogni giorno gli dà aria buona da respirare può crescere non solo in età, ma diventare adulto così certo da obbedire alla realtà, ogni realtà, anche quelle più misteriose, curioso di scoprire quale bene ne può trarre.