Caro direttore,
che il sindaco Sala fosse poco attento alle periferie e molto all’edilizia di lusso, lo sapevamo e la conferma è arrivata venerdì. 
Il Comune di Milano ha deliberato di non applicare la legge regionale sulla rigenerazione urbana. La norma assegnava ai Comuni l’opportunità di graduare come e dove applicare gli incentivi pro rigenerazione. Milano ha utilizzato questa facoltà per deliberare di non applicare del tutto la legge, fatto salvo 5 piccoli spicchi di città, meno dell’1% del territorio, giusto per non rischiare impugnazioni. Quindi Milano non userà incentivi né volumetrici né fiscali (-20% contributi di costruzione) per riqualificare gli almeno 300 immobili abbandonati e degradati nei vari quartieri di edilizia residenziale pubblica. 



Perché Sala e Maran, assessore all’Urbanistica, hanno voluto escludere Milano e le sue periferie dalla rigenerazione urbana? 

Primo, per la preconcetta ostilità della giunta di sinistra a tutto ciò che viene deciso dalla Regione Lombardia perché amministrata dal centrodestra. L’assessore Maran motiva lo sgarbo col fatto che la Regione ha legiferato dopo che Milano si era data il Pgt; ma sarebbe ben strano che una Regione di 10 milioni di abitanti non approvasse leggi in una materia di sua competenza, come l’urbanistica, solo perché Milano aveva appena approvato il suo nuovo Piano regolatore.



Secondo motivo di contrarietà è il solito pregiudizio della sinistra contro le agevolazioni volumetriche e fiscali agli investimenti privati. Siamo nel 2020 ma la sinistra milanese non ha ancora capito che per convincere un proprietario fondiario e un’impresa di costruzioni a intraprendere il rinnovo di un edificio ci vuole la molla del profitto. Nessuno rischia soldi e lavoro per realizzare i fantastici piani del Comune. Dunque la leva dei minori contributi di costruzione è la chiave per iniziative private che però migliorano anche i servizi e le dotazioni dei quartieri periferici, trasformando aree di degrado in qualità della vita.



Ma la narrazione del sindaco moderno della Milano dinamica come si concilia con queste posizioni di sospetto verso il privato? È un pregiudizio che va a intermittenza: se i premi volumetrici sono autorizzati dal Pgt per il nuovo grattacielo A2A o per il nuovo stadio, va bene, ma se è la Regione a concederli non vanno bene. E non importa che ci vadano di mezzo i milanesi, quelli dei quartieri di edilizia popolare dallo Stadera al Corvetto, da Viale Ungheria al Giambellino.

Nella posizione per nulla riformista di Sala ha inciso la necessità di tenersi buoni la sinistra dei comitati anti-tutto, la galassia che va dai gretini alle sardine, che sotto elezioni fanno comodo.

La rigenerazione a Milano non si farà e questo rischia di assestare un duro colpo al lavoro e alle imprese cittadine, già colpite dalla crisi del commercio. I paroloni scomodati dalla sinistra – cementificazioni e speculazioni – ci lasceranno dunque nella realtà attuale di molte periferie: casermoni senza manutenzione, degrado, ruderi con abitanti abusivi e aree mai bonificate. Come sempre, per attuare il paradiso sulla terra la sinistra ci obbliga a vivere nell’inferno.

Fabrizio De Pasquale, capogruppo di Forza Italia al Comune di Milano