Gentile direttore,

quando, ormai abituati da alcuni anni ad un panorama politico di piccolo cabotaggio, fatto di esclusiva attenzione ai sondaggi e all’immagine del politico di turno, intervengono “certe” persone, si respira finalmente un’altra aria (vedi Mario Draghi al Meeting di Rimini appena concluso).

Non solo si respira, ma si alza lo sguardo cercando l’orizzonte.



Papa Francesco è questa persona.

Chi di noi (anche non credente) infatti, durante la pandemia, nella fase più acuta di dolore e morte non ha trovato nelle sue parole e nei suoi gesti un segno, un’indicazione di “qualcosa” di più profondo, di una verità da scoprire per sé e per il mondo?

Mi è accaduta la stessa esperienza leggendo il “Messaggio di Sua Santità per la celebrazione della giornata mondiale di preghiera per la cura del creato” del 1° settembre.



Ogni anno, particolarmente dalla pubblicazione della Lettera enciclica Laudato si’ (LS, 24 maggio 2015), il primo giorno di settembre segna per la famiglia cristiana la Giornata Mondiale di Preghiera per la Cura del Creato, con la quale inizia il Tempo del Creato, che si conclude il 4 ottobre, nel ricordo di san Francesco di Assisi. In questo periodo, i cristiani rinnovano in tutto il mondo la fede nel Dio creatore e si uniscono in modo speciale nella preghiera e nell’azione per la salvaguardia della casa comune.

Innanzitutto in questo particolare momento storico e sociale nel quale, giustamente, predominano preoccupazioni forti per l’economia, lo sviluppo e la crescita delle persone, Francesco non ha timore a riaffermare con forza e chiarezza che “esistiamo solo attraverso le relazioni: con Dio creatore, con i fratelli e le sorelle in quanto membri di una famiglia comune, e con tutte le creature che abitano la nostra stessa casa” e che se tutto è in rapporto, relazione allora “la cura autentica della nostra stessa vita e delle nostre relazioni con la natura è inseparabile dalla fraternità, dalla giustizia e dalla fedeltà nei confronti degli altri”.



Quando tutto sembra spingere verso il solipsismo pratico dell’interesse unico individuale ed alla sua versione politica “prima i nostri interessi nazionali”, Papa Francesco parla di quel rapporto e di quella relazione così profondamente umana che nessun egoismo individuale o di gruppo può cancellare perché sempre emerge, poco o tanto non importa, nel momento del bisogno o della necessità. Anzi questa relazione diventa anche il test pratico del vero amore alla Natura ed a se stessi.

Ma non solo.

E’ anche tempo per imparare da quello che ci è accaduto recentemente e che nelle avversità ha fatto intravvedere una possibilità diversa “l’attuale pandemia ci ha portati in qualche modo a riscoprire stili di vita più semplici e sostenibili. La crisi, in un certo senso, ci ha dato la possibilità di sviluppare nuovi modi di vivere.”

L’altro aspetto che colpisce è la capacità di papa Francesco a ricondurre tutto all’unità, all’unità dell’io, quel “io” creato che ha coscienza di esistere e di esserci e tutto è guardato con meraviglia: “risvegliamo il senso estetico e contemplativo che Dio ha posto in noi”. Ascoltare il “battito della creazione per aiutarci a trovare nella sua bellezza il Signore di tutte le cose e ritornare a Lui”.

Senza nascondere o censurare nulla.

Ecco allora il tempo per riparare scrive nel Messaggio, di giustizia riparativa per tutta la storia di sfruttamento del Sud del pianeta, dal depredamento delle risorse alla povertà conseguente di popoli, fino a rinnovare l’appello a cancellare il debito dei Paesi più fragili alla luce dei gravi impatti delle crisi sanitarie, sociali ed economiche che devono affrontare a seguito del Covid-19 e di sostenere tutti i tentativi di miglioramento ambientale.

Problema solo della politica o degli economisti?

No, questo Messaggio non scarica “sull’altra parte politica”, non indica il nemico da abbattere o la prestazione da raggiungere, non ci sono ricette o formule magiche e non si nasconde le difficoltà di ogni seria mediazione politica.

Nel solco della Laudato sì,  invita alla responsabilità di ognuno, quella del quotidiano vivere, quella dell’intrapresa di uomini e donne desiderosi di “aprire”, attraverso il loro lavoro, questo “regalo” che si chiama Creato.

Utopia, ingenuità? No, realismo.

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