Caro direttore,
ho letto l’articolo di Edmond Dantès sulle elezioni regionali lombarde. Concordo su quanto da lui scritto. Anzi ci metto il carico da 11 (così si dice a briscola).
Infatti i risultati di queste elezioni sono state paradigmatici: anche se erano elezioni regionali, ciò che ne è emerso porta a considerazioni ben più ampie.
Il dato generale che salta all’occhio è: conferma del centrodestra nonostante le accuse di mala gestio del Covid (prevale l’impostazione politica anti-sinistra) e dopo il tentativo di spallata nella precedente tornata con un candidato centrista (Gori) ora, non sfonda neppure un candidato più marcatamente di sinistra come Majorino. A ciò si aggiunga che l’esperimento di un terzo polo con un candidato forte (Moratti) è fallito. Ma c’è molto di più.
Infatti, la Lombardia è una delle regioni ove il cattolicesimo italiano ha dimostrato nei secoli (non da ieri: pensiamo alle casse di risparmio e le mille forme in cui il cattolicesimo sociale lombardo si è espresso) le sue maggiori intelligenze e capacità di unire fede, politica, imprenditorialità. La storia del cattolicesimo sociale e politico italiano qua ha scritto e scrive pagine importanti. Per questo motivo ciò che avviene in Lombardia è importantissimo.
In questo senso il dato più recente e rilevante è che qui si è ripreso e riapplicato un caposaldo della dottrina sociale della Chiesa: la sussidiarietà. Concetto dimenticato – con buona pace di tutti – da decenni. Certo non sono mancati errori, anche gravi. Ma nessuno può negare come questo modello sia stato di esempio anche per altri, molti fuori Italia. Questo ha cambiato il mondo della sanità, della scuola, della formazione, ecc. Impossibile negarlo.
Andiamo all’oggi. Nessuna indicazione è stata espressa né ufficiosamente né ufficialmente da autorità del mondo cattolico (compreso l’associazionismo), con il risultato che dei molti candidati presenti nelle varie liste, pochi sono stati eletti e comunque senza possibilità di ruoli importanti. Si è passati perciò da una situazione di direzione ed indirizzo dell’amministrazione della regione (appunto l’applicazione concreta della sussidiarietà) a quella di semplici comprimari.
Ergo: il tentativo – legittimo e giusto – di dire “liberi tutti: ognuno si candidi dove ritiene e ognuno voti chi ritiene” mi pare abbia prodotto poco e vada ripensato. Il rischio, se venisse perpetuato, è quello di essere condannati all’insignificanza. Questo è vero a livello regionale ma sarebbe amplificato a livello nazionale. Posto che le battaglie sono prima culturali che politiche, non possiamo negare l’importanza di questo aspetto. Si pone perciò una questione.
I politici devono recuperare una capacità di sintesi e ricostruire un’unità politica dei cattolici. Se non è possibile all’interno di uno stesso campo (centrodestra o centrosinistra) che almeno all’interno di questi ci sia unità. Questa non può essere imposta dall’alto ma deve nascere da loro stessi. Si mettano da parte posizioni personali – pur legittime – e si proceda in tal senso se si ha cuore il bene comune. All’indomani della sconfitta nel referendum sull’aborto, il settimanale Il Sabato titolò con un “Si ricomincia da 32” alludendo alla percentuale ottenuta nel referendum. Si narra che don Giussani si arrabbiò e il numero successivo titolava “Si ricomincia da Uno”, con questo indicando che il punto sorgivo anche dell’azione politica è Cristo. L’alternativa è quanto abbiamo visto.
Aggiungo – per pura cronaca, se interessa – che io stesso, disorientato da questo brulicare di proposte, ho finito per non impegnarmi avendo sotto sotto questo retropensiero: “Con tutti questi candidati, sono certo che Tizio o Caio non siano meglio di Sempronio? Se non c’è unità, ha senso che io mi impegni per uno che decido io? Vado liscio”.
Ultima annotazione: certo complice la crisi del cattolicesimo, in tutti i Paesi europei dove è venuta meno l’unità politica dei cristiani, la loro incidenza politica è sparita. Ma l’unità non può essere dettata solo dalla paura del nemico, perché allora sparito il nemico salta l’unità. È quanto avvenuto. “Si ricomincia da Uno”. Caro Edmond Dantès, “Quanta fatica bisogna fare per sostenere la speranza degli uomini!”.
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