Caro direttore,
in questo tempo di pandemia mi è tornata alla mente la lezione di Gesù sugli otri vecchi e il vino nuovo. Pezza nuova e vestito vecchio. Esempio drammatico, ma calzante in questo periodo. Ci siamo accorti che il povero (lo dico con tenerezza) Conte non vuole e non può porsi come salvezza, dare senso al bisogno di novità della gente, in particolare dei giovani. Ci siamo accorti che la Chiesa non è “indispensabile” alla vita della gente, che il precetto festivo non esiste più da parecchio tempo, che la Messa non è all’inizio della settimana, “il primo giorno”, ma alla fine, se abbiamo tempo.



La mia generazione (certamente come altre) ha bisogno di restauratori, perché quadri, crocifissi, chiese, sono vecchi, e per legge dobbiamo sistemarle, restaurarle. Ma sono il vecchio. Il vecchio che sottrae tempo e risorse al nuovo. Poi siamo delusi e arrabbiati se va bene.

Delusi, come quando vedi una “ragazza” che da dietro è splendida, perfetta, poi si gira e ti accorgi che ha un piede nella fossa, che non basta il chilo di trucco a nascondere la vecchiaia. I giovani dicono “Dietro liceo, davanti museo”.



Trucchi, trucchi nella politica, nell’economia, nella Chiesa, e così non ci gustiamo il vino nuovo tutti presi a restaurare gli otri vecchi. E ci arrabbiamo.

Vedi il tempio? Non sta rimanendo pietra su pietra. E mentre imbruttiti guardiamo al vecchio, non ci stupiamo della sfida che la realtà ci sta proponendo.

Uscire, certi che Uno più grande di noi è capace di fare non cose nuove (anche), ma nuove tutte le cose. Accettare la sfida di proporre il cristianesimo così come la Chiesa oggi ci fa vedere. Nelle strade, nelle scuole, tra i ricchi, ma soprattutto tra i poveri. Sono tanti e ci aspettano. Senza trucco, così come sono.



Proprio qualche sera fa, uscendo per andare a bere qualcosa con dei giovani accade un fatto che chiarisce. Arrivo con la macchina sul sagrato di una delle mie parrocchie (luogo del ritrovo). All’ingresso vedo un paio di scarponi, entro e un ragazzo dello Sri Lanka sta preparando il suo letto. Non vedo solo lui, ma anche saltare la bevuta. Ma la realtà è lì che ti sfida. Inizia un dialogo serrato e poi lo aiuto indirizzandolo in un posto più sicuro. Mi racconta di sé e della sua famiglia, è sincero sui vizi che lo sminuiscono come uomo. Poi nel suo sguardo un grazie che mi commuove, nel mio cuore e nei ragazzi la voglia di bere qualcosa in maniera diversa, così la serata prende una piega più vera. Il vino è proprio nuovo. Da gustare.