Non è un paese per giovani, non più. L’Italia è un paese per vecchi, e ci si chiede che male han fatto i nostri ragazzi a crescere in un tempo in cui, prima volta nel corso di generazioni, i vecchi non lasciano loro spazio, i vecchi decidono del loro futuro, i vecchi pontificano come tuttologi dagli schermi tv e dalle colonne dei giornali, lanciando strali moralistici e rimarcando una sola parola: prudenza. Che non è in questo caso la virtù dei forti, ma dei paurosi, di chi chiede che tutto stia fermo per non cambiare, per non essere escluso.
Non parlo dei vecchi soli e abbandonati, nelle famigerate Rsa o in alloggi miserabili; parlo dei vecchi al potere, che se non son vecchi hanno una mentalità da vecchi. Perché mai questo accanimento inspiegabile e irragionevole sul coprifuoco alle 22? Bloccare la movida. Come se non ci possa assembrare nei parchi al pomeriggio, o all’aperitivo delle 19. Come se con un po’ di accortezza non ci si possa assembrare di nascosto a bere e fumare anche in ore notturne.
Il coprifuoco evoca scenari di guerra, ed è ora di finirla col paragone della pandemia alla vita sotto le bombe, non scherziamo. Nessuno ha più un nonno (ah i vecchi di una volta, che raccontavano la vita e tramandavano i suoi valori) che spieghi cosa voleva dire avere il pane razionato, infilarsi in un rifugio, salutarsi la mattina senza sapere se ci si sarebbe visti la sera? Si leggano ogni tanto le cronache degli anni terribili vissuti dai siriani, dagli iracheni. Ma la guerra la vivremo sulla nostra pelle, e gli anni 70 non sono così lontani nel tempo: se non si riapre il paese, vedremo di nuovo rabbia, e con essa violenza, e povertà in aggiunta.
Riaprire in sicurezza, si ripete come un mantra. Ma che significa? Dopo un anno le scuole sono allo stesso grado di sicurezza di prima, cioè zero, a parte i dispenser di disinfettante in aula. I ristoratori si sono messi in sicurezza, come richiesto, eppure sono trattati alla stregua di untori e le aperture fino alle 22 sembrano una beffa. Chi va a cena alle 19.30, se non in qualche maso trentino? Riaprire in sicurezza dove, se i mezzi di trasporto sono quelli di prima, nello stato di prima? Dunque ci dev’essere altro che spinge alle chiusure ad oltranza, senza motivo, senza logica. Si chiama invidia.
Invidia di chi vuole ancora divertirsi, scherzare, passare del tempo con gli amici; chi non si accontenta di Netflix, chi ha la vita davanti e vorrebbe costruirsi incontri, scelte, opportunità. Ci inzuppiamo la barba nella retorica dei giovani cervelli in fuga, ma avete mai visto un virologo che abbia meno di 50 anni? Perché nella narrazione quotidiana e dominante i giovani sono degli idioti di cui aver timore, e disprezzo, e da allontanare con sdegno? Ci saranno, ci sono, i “coglioni” che in quattro ubriacano le ragazzine e “col pisello di fuori” si beano delle loro porcate. Ma è pieno di ragazzi che studiano, lavorano, continuano a sognare, a credere nel domani, che vogliono bene a genitori e nonni ma giustamente, sacrosantemente soffocano a vivere di smart working e Dad. Volete chiuderli in casa, a farvi compagnia in eterno? A guardare con acrimonia “gli altri”, il mondo, scuotendo amaramente il capo al grido di o tempora o mores? Punirli per gli anni in meno di voi? Che alla loro età giravate il mondo da fricchettoni sognando i paradisi arancioni e le droghe libere? Un paese di vecchi, per vecchi. Che i vecchi bisognosi li nasconde. Quelli al potere invece, non invecchiano davvero mai.
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