Un anno fa è morto Rocco, un compagno di strada della nostra Comunità L’imprevisto di Pesaro. Da 15 anni aveva terminato la Comunità.

Indimenticabile l’amicizia e la compagnia vera che ci si può fare in Comunità: io ero appena entrato, era estate, dopo un mese me ne volevo andare, volevo lasciar perdere… quando ad un tratto lui, che era già entrato da un paio di mesi, mi richiamò bruscamente, dicendomi che se volevo andarmene i cancelli erano aperti, e che nessuno poteva sostituirsi a me, alla mia libertà, mentre se volevo rimanere non dovevo lamentarmi.



Mi colpì così tanto che ancora ricordo il posto e l’ora: in veranda, vicino al camino, dopo la merenda.

Un anno fa se ne è andato in modo tragico. Solo.

Un duro colpo per me, pensando a quello che avevamo visto insieme io e lui negli anni dell’Imprevisto. Non ho potuto fare a meno di chiedermi per che cosa vivo io oggi? Che cosa mi tiene davvero vivo? Cosa cerco veramente nel mio vivere, nel mio far quadrare i conti della vita?



Così, oggi 13/03/2020, con lo stesso coraggio con cui ho detto sì al richiamo che Rocco mi fece, ho deciso di chiamare i suoi genitori, per sentirli, per salutarli, per dirgli che ci sono in questa triste dolorosa ricorrenza dell’anniversario della morte.

Mi risponde il papà. Ricordi, lacrime, domande, perché è andata così?

Poi verso la fine della telefonata gli ho detto che il bene che abbiamo vissuto all’Imprevisto tra noi ragazzi rimane, è presente, è qualcosa che ha generato, che genera ed io nelle mie domande, nel vivere le mie giornate me lo sento vicino quel bene, anche se il figlio non c’è più. Ed ho aggiunto che anche il bene con le famiglie è identico, rimane! Tutti siamo stati difronte ad una cosa grande in comunità sia figli che genitori.



Il padre mi ha colpito perché non trovava le parole per descriverlo ma provava, sentiva la mia stessa convinzione, la mia stessa consapevolezza.

E nonostante il dolore per la perdita del figlio mi ha detto: C’è un sentimento bello,  strano, diverso che sento quando penso a voi, a tutti i genitori che ho incontrato in quel periodo, mi ricordo tutto, lo sento anche adesso che stiamo parlando noi due: una forma di amore, un bene, non so come descriverlo… sicuramente è proprio… è Cristo.

Enrico Albenzio