Caro direttore,
sono stato molto colpito dall’incontro “Elezioni regionali 2023. Cosa c’è in gioco”, organizzato dalla Compagnia delle Opere lunedì 30 gennaio, a cui ho potuto partecipare come uditore privilegiato.

Innanzitutto, per la straordinaria affluenza di partecipanti, segno di un interesse ancora vivo per le vicende della politica intesa con la P maiuscola, cioè servizio al bene comune o, secondo la celebre definizione di san Paolo VI, “la forma più alta di carità”. Troppo spesso, infatti, un tema così decisivo viene relegato ad un dibattito chiuso tra addetti ai lavori, oppure, al contrario, viene affrontato sui media e sui social con superficialità o con toni urlati, finendo così per alimentare solo polemiche che fanno crescere, nei nostri cittadini, un senso di distacco e di sfiducia nelle istituzioni.



Ma soprattutto è stato interessante ascoltare e raccogliere i tanti spunti contenuti negli interventi dei relatori che, a partire dalla propria esperienza umana e professionale, hanno offerto un prezioso contributo alla riflessione comune e testimoniato l’impegno e la passione che da sempre animano la nostra società civile. Fin dall’apertura dell’incontro non a caso sono state richiamate alcune parole chiave, come libertà, responsabilità, sussidiarietà, appartenenza (che, come cantava Gaber, significa “avere gli altri dentro di sé”): ogni uomo politico che si candida ad assumere un ruolo istituzionale non può che partire da qui per costruire la sua visione di società, e quindi le sue proposte programmatiche per affrontare le tante sfide del presente e del futuro.



“È nel primato della società di fronte allo Stato che si salva la cultura della responsabilità” diceva don Luigi Giussani, richiamando i principi chiave della dottrina sociale della Chiesa.

È proprio lo spirito sussidiario che ha reso la Lombardia, da secoli, una terra ricca di creatività, innovazione, imprenditorialità, opportunità per tutti coloro che sono disposti a rimboccarsi le maniche e mettersi in gioco; ma anche un luogo attento all’educazione e alla crescita dei suoi giovani, capace di prendersi cura dei più deboli e fragili, solidale nel rispondere ai bisogni di chi soffre. Anche oggi dunque occorre ripartire da questa sussidiarietà, principio che ha una lunga tradizione, ma che va declinato nell’attualità dei nostri giorni per riconquistare il giusto rapporto tra società civile e politica.



Sussidiarietà significa innanzitutto mettere al centro la persona e la famiglia, primo nucleo essenziale della società, da guardare in modo unitario nelle sue potenzialità e nei suoi tanti bisogni: dalla casa ai servizi per l’infanzia, dal sostegno alla natalità al supporto per chi si prende carico di anziani e disabili, dalla conciliazione vita-lavoro alle azioni per contrastare la povertà in tutte le sue forme.

Sussidiarietà significa libertà di educazione, cioè riconoscere alle famiglie la libertà di scegliere la scuola per i propri figli: la Lombardia è la patria del buono scuola, del sistema delle doti, della valorizzazione del merito, dell’innovazione nella didattica, ed il mio impegno continuerà nel solco di questa strada ben tracciata.

Sussidiarietà significa formazione professionale, perché ciascuno ha un talento da scoprire e mettere al servizio degli altri, e nessuno deve perdersi per strada: la Lombardia è già all’avanguardia, ma si può ancora migliorare, investendo negli Its e nel raccordo sempre più stretto con il mondo delle imprese.

Sussidiarietà significa università: va sostenuta e promossa l’eccellenza dei nostri atenei, sempre più promotori di innovazione e catalizzatori di studenti stranieri, senza però dimenticare le esigenze di servizi (a partire dagli alloggi) di quei ragazzi che intendono vivere fino in fondo l’università come luogo di crescita personale a 360 gradi.

Sussidiarietà significa libertà di impresa: da 5 anni è uno dei miei impegni più rilevanti, ma continuerò senza sosta ad intervenire per semplificare la vita e liberare le migliori energie di chi ha idee e talento, ma anche per sostenere chi è più in difficoltà a causa delle tante incertezze di questo tempo presente.

Sussidiarietà significa dialogo e confronto con tutti gli stakeholders della società: unità d’intenti, condivisione e co-progettazione sono tratti caratteristici del mio modo di governare, un metodo che ha dato frutti importanti specie nei momenti, così difficili, che la nostra comunità si è trovata a vivere insieme negli ultimi anni.

Sussidiarietà significa riconoscere le autonomie istituzionali: Regione Lombardia la chiede per sé e la riconosce ai Comuni e alle Province rifuggendo ogni centralismo per definire chiaramente chi fa che cosa evitando sovrapposizioni di compiti e funzioni che producono conflitti e confusione.

Sussidiarietà significa prendersi cura di tutti e prendersi in carico ogni cittadino in modo sempre più personalizzato: ospedali di eccellenza, presidi territoriali, assistenza personalizzata, innovazione e telemedicina, attività di prevenzione ad ampio raggio, questi gli ingredienti della mia ricetta per la sanità lombarda.

Sussidiarietà fa rima, infine, con solidarietà: il pubblico non ha la forza e la capacità di offrire i servizi che il Terzo settore è in grado di mettere in campo nel sociale, ed il mio impegno continuerà ad essere quello di sostenere in ogni modo il tessuto associativo di cui la nostra regione è così ricca.

Potrei andare avanti a lungo nel declinare le tante politiche in cui si può tradurre concretamente il principio di sussidiarietà, ma concludo con una battuta (che peraltro raccoglie alcune sottolineature fatte dai relatori stessi): la Lombardia è il posto migliore dove queste politiche possono trovare terreno fertile, crescere e dare frutto, come dimostrano quasi trent’anni di buon governo.

Il mio impegno da presidente, in fondo, è molto semplice e può riassumersi così: lasciare libera la Lombardia di essere ciò che è, proseguendo, con orgoglio e determinazione, sulla strada della concretezza e dell’innovazione che la nostra regione ha imboccato da tempo.

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