Sono quattro le persone che dovranno andare a processo a seguito delle minacce nei confronti del ministero della salute, Roberto Speranza. Come si legge sul sito di Open, la Procura della Repubblica di Roma ha disposto la citazione diretta in giudizio per quattro persone che, fra l’ottobre di due anni fa, il 2020, e il gennaio successivo, 2021, avrebbero inviato più di cinquanta lettere minatorie proprio al titolare della Salute.
All’interno delle missive si leggevano frasi choc e decisamente inquietanti come ad esempio «Ci vediamo in obitorio» o «ti ammazziamo la famiglia e poi ti spelliamo vivo». Le lettere erano state inviate in forma anonima anche alla segreteria del ministro e l’obiettivo era cercare di intimidire Speranza alla luce delle azioni portate avanti dal governo in quel periodo, a contrasto della pandemia di covid. Non va dimenticato che due anni fa si stava vivendo una seconda devastante ondata di virus in tutto Italia, ed erano numerose le restrizioni che erano state attivate, a cominciare dalla Dad, la didattica a distanza, ma anche ristoranti e bar in versione asporto, e molto altro ancora.
LETTERE MINATORIE AL MINISTRO SPERANZA: IN 4 VANNO A PROCESSO. ECCO DI COSA SONO ACCUSATI
Gli indagati, spiega ancora Open, non sono proprio dei ragazzi, in quanto sono tutti di età compresa fra 36 e 56 anni, e sono ora accusati dal pubblico ministero dell’antiterrorismo Gianfederica Dito, coordinata dall’aggiunto Michele Prestipino, del reato di minacce aggravate.
Stando a quanto ricostruito dai carabinieri del Nas, i quattro soggetti proverebbero da quattro diverse città italiane, leggasi Milano, Torino, Cagliari ed Enna, e le email sarebbero state inviate al ministro Speranza con degli account falsi. «Dovete andare sulla sedia elettrica», «Chiudi la bocca o ti taglio la lingua», e ancora «la pagherete cara per il terrore che state facendo», scrivevano, con riferimenti a restrizioni e vaccini che in quel periodo iniziavano appunto ad essere ufficialmente introdotti. Il processo ai quattro scatterà il prossimo 20 settembre presso il tribunale di Roma.