“Chi è saggio non teme il volgo” è il titolo del brano di Seneca proposto al Liceo classico per la versione della seconda prova della Maturità 2023. È tratto dalle Lettere morali a Lucilio (Epistulae morales ad Lucilium), una raccolta di 124 lettere che sono suddivise in 20 libri scritte negli ultimi anni di vita del filosofo e giunta parzialmente incompleta. Il periodo in cui l’opera fu scritta era quella del disimpegno politico di Seneca, che si rivolgeva con le sue missive a Lucilio Iuniore, governatore della Sicilia, ma anche poeta e scrittore. Non è ancora chiaro se quelle lettere siano state effettivamente spedite o se si tratti invece di mera finzione letteraria, ma è probabile che l’epistolario sia reale, visto che in diverse lettere si riscontrano solleciti di Seneca a risposte da parte dell’amico. Le lettere morali a Lucilio si aprono quasi sempre con osservazioni relative ad un argomento della vita quotidiana, procedendo verso un principio filosofico estratto dalla stessa.
Molti degli argomenti trattati rappresentano i cardini della filosofia stoica, come il disprezzo della morte, l’imperturbabilità d’animo del saggio e la virtù come bene supremo. L’otium di Seneca non è da intendersi come inerzia fine a se stessa, ma come personale ricerca del bene e della libertà interiore che è il fine ultimo del saggio stoico. A ciò si ricollegano diversi temi affrontati volta in volta dalle epistole dal primato della coscienza (da intendere come qualità nel discernere tra il bene e il male) al rapporto con l’elemento divino che è in ciascuno di noi, dalla dignità di ogni uomo alla necessità di conquistare la virtù per essere davvero felici.
LA COMPOSIZIONE DELLE LETTERE MORALI A LUCILIO
Le Lettere morali a Lucilio furono probabilmente scritte negli ultimi tre anni di vita di Seneca. Inoltre, gli studiosi ritengono che siano state disposte nello stesso ordine di composizione, in 20 manoscritti. Ma la raccolta non è completa, perché Aulo Gellio citò un estratto del ventiduesimo libro che è attualmente mancante. Considerando che l’incendio di Lione menzionato nella lettera 91 si verificò meno di un anno prima della morte di Seneca, si ritiene che il numero di lettere mancanti non sia alto. Le Lettere morali a Lucilio rappresentano per il filosofo uno strumento di crescita morale, perché convinto che lo scambio epistolare consenta di instaurare un dialogo con un amico, fornendo un esempio di vita più efficace dal punto di vista pedagogico rispetto all’insegnamento dottrinale.
Per Seneca le lettere sono anche il mezzo più adatto nella prima fase dell’educazione. Il linguaggio è variegato, si ritrova un misto di conversazione privata e finzione letteraria. All’aspetto teoretico si accompagna l’intento esortativo, con cui Seneca vuole dimostrare la verità e invitare al bene. Proponendo di volta in volta un nuovo tema, semplice e immediato, si ritrova a guidare Lucilio al perfezionamento interiore.
I TEMI DELLE LETTERE MORALI A LUCILIO
Gli argomenti delle Lettere morali a Lucilio sono diversi e tratti dall’esperienza quotidiana. In alcuni punti ci sono affinità con la satira, in particolare quella Oraziana. Ma Seneca parla anche delle norme a cui il saggio deve attenersi per essere indipendente e autosufficiente. Ad esempio, deve imparare a disprezzare le opinioni correnti, rinunciare alla seduzioni del mondo. In molte lettere si ritrova il timore della morte, dall’altro lato il suicidio, che veniva usato come metodo di eliminazione di figure considerate oppositore al potere e al dominio dell’imperatore.
Seneca riflette sulla condizione umana che accomuna tutti gli esseri viventi ed esprime una forte condanna del trattamento riservato agli schiavi, che per certi versi può essere accomunata al sentimento di carità cristiana, nonostante l’etica di Seneca sia aristocratica e disprezzasse le masse popolari. Nel brano “Chi è saggio non teme il volgo” proposto al Liceo classico per la versione della seconda prova della Maturità 2023, Seneca spiega che cercare il favore della folla non porta felicità, ma alla rovina, quindi mostra all’amico come i precetti della filosofia possano guidare alla virtù in mezzo ai falsi valori.